Burning Rain
Epic Obsession

2013, Frontiers Records
Hard & Heavy

Recensione di Federico Mainardi - Pubblicata in data: 28/05/13

La Frontiers Records è un’etichetta che ha saputo guadagnarsi uno zoccolo duro di estimatori puntando sul pregio più gradito al popolo metallico: l’affidabilità. La formula è semplice e, alla prova dei fatti, vincente: scritturare gruppi di impostazione tendenzialmente classica (derivante, talvolta, dall’età non proprio tenera dei musicisti affermati), e volumi belli alti. Risultato: pochi passi falsi.

Ed ecco, dunque, che ci accingiamo a recensire il terzo disco firmato Burning Rain, moniker nato nel 1998 per volontà del chitarrista Doug Aldrich (Dio, Whitesnake) e del singer Keith St John. In contemporanea alla nuova uscita, peraltro, si rendono nuovamente disponibili in ristampa i primi due album della band. Di questo “Epic Obsession” spiccano subito due caratteristiche: anzitutto la copertina che non lascia indifferente l’occhio maschile (e si noti che il titolo è azzeccatissimo, perché davvero l’ossessione rocchettara per il sesso può dirsi epica, tant’è potente e duratura), poi l’approccio. L’opener esordisce con suoni distorti che via via si mutano in un assolo comprensibile e infine in un heavy metal senza fronzoli, sparato dritto sul grugno (forse ancora inebetito dalla copertina) dell’ascoltatore. Il tutto rimanda immancabilmente al versante più duro e sporco del glam metal, dagli inaggirabili Skid Row di “Slave To The Grind” fino ai Black ‘n Blue di “Nasty Nasty”, solo aggiornato ai suoni di oggi. Insomma una scrittura decisamente anni Ottanta, che personalmente adoro; e tuttavia l’obiettività mi costringe a porre il quesito - irrisolto - di quanto realmente valga, oggi, una proposta collaudata che però non aggiunge molto a quanto già sentito. Ma torniamo al primo brano. Qualche passaggio pulsante alla Whitesnake, un rapido intermezzo vocale in cui il cantante riesce a intonare un convintissimo: beibe-beibe-beibe-beibe-beibe-beeeibe (sfortunatamente dopo “La Canzone Mononota” potrebbe venire spontaneo sghignazzare; ma si sa che la musica demenziale ha il potere di modificare i paradigmi… provate ad ascoltare la voce calda del grande Gigi Cifarelli di “Kitchen Blues” dopo aver sentito Frank Zappa che, parodiando quella stessa impostazione, canta spassosissime porcherie: non sarà più la stessa cosa!), infine un assolo tirato. Altri pezzi presenteranno assoli ben meno forsennati, ma in generale il lavoro solista della chitarra in quest’album prende fin troppo spazio, per cui soprattutto nei brani pesanti la durata finisce per rendere un po’ stucchevole il tocco sporco ed i suoni distorti. Il disco comunque prosegue bene, tra tacce incalzanti ed altre più blues-oriented, in cui la lunga collaborazione di Aldrich con la band di David Coverdale si fa sentire. Non ci sono pecche eclatanti, il songwriting è formalmente accurato e le tracce considerate singolarmente si lasciano senz’altro apprezzare. Il ripercorrere strade già battute, però, mette a rischio quel valore aggiunto grazie al quale un album nella sua interezza non solo incalza, ma trascina l’ascoltatore catalizzando tutta la sua attenzione: in questo senso “Epic Obsession” non offre tale valore, ma piuttosto lo richiede, o forse lo presuppone, al fruitore amante e per così dire assetato del genere. Ma chi non sta al gioco potrebbe essere indotto ad un veloce switch.

Un disco buono, un bel disco, che farà piacere a chi vive di solo rock, ma il quesito sul bisogno di rinnovamento di questo genere resta lì, in sospeso.





01. Sweet  Little Baby Thing
02. The Cure
03. Till You Die
04. Heaven Gets Me By
05. Pray Out Loud
06. Our Time Is Gonna Come
07. Too Hard To Break
08. My Lust Your Fate
09. Made For Your Heart
10. Ride The Monkey
11. Out In The Cold Again
12. When Can I Believe In Love
13. Kashmir (Led Zeppelin cover)
14. Heaven Gets Me By (acustic version - bonus track)

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