Chi arriva a quota Sette ha davvero tanto da dire. Arrivare a farlo con lo stile dei Bush, minimale, introverso, sempre denso e chiaro, non è da tutti. Dopo venticinque anni da protagonisti, non è così azzardato potersi permettere un’uscita come quella di "Black and White Rainbows", una sorta di Comedown – proprio lui – nell’intero percorso discografico della formazione inglese, uscita che rimane sospesa sopra l’aura straniante dei ritmi del quotidiano 2017, quasi spaventata da non poterla penetrare, quasi in silenziosa rassegnazione rispetto a un mondo che cambia troppo repentinamente per poter catturare l’attenzione di nuovi ascoltatori oltre ai fedelissimi, sostenitori di Sette fasi e venticinque anni da protagonisti.
Sette è un numero ancorato più alla storia che al presente: a più tradizioni, supposizioni, osservazioni. Sette sono gli album in studio dei Bush, che sono storia e presente, diversificazione: errori ed eroi si rincorrono in quasi un’ora di ritmi analitici, in cui l’insegnamento non è il principio o la conclusione, ma il collante che lega opposti e conseguenze. Un collante che i Bush dipingono nelle Sette cromature dell’arcobaleno: con, insomma, un primo di molti indizi che lascia presagire una certa misticità in un’opera che conferma la caratteristica primaria di una delle poche band al mondo, che del proprio sound riesce costantemente a ricreare un’essenza assolutamente autentica in ogni tipo di proposta.
"Black and White Rainbows" decolla con il singolo che ha annunciato il ritorno sulle scene di Gavin Rossdale e soci: “Mad Love”, radio friendly, conduce prepotentemente e melanconicamente sino a “Lost in You”, prima pausa completamente melodica, ballad vecchio stile da cui si apre una concezione di album che è una continua separazione tra beni onirici e proprietà terriere. L’apoteosi di questa dichiarazione avviene alla fine, con “Nothing but a Car Chase” e “People At War”, in cui la guerra non è solo un problema sociale ma soprattutto un difetto mentale, costituito dai tanti, piccoli muri che la nostra psiche innalza, a protezione di un’anima che solo lasciandosi contaminare potrà esercitare appieno il proprio ruolo.
Rossdale scrive e produce poesia Rock come ha sempre saputo fare, in venticinque anni da protagonista: con "Black and White Rainbows" i Bush provocano e si dilettano in un esercizio di stile che si propaga da sé, da sempre, da Sette. Il successo del gruppo, a metà dei ferrosi anni ’90, avvenne anche con la contaminazione di concetti ed elementi sonori tipici della filosofia orientale. Il cerchio biografico, ideologico e, forse, un po’ sognante, si chiude con la stessa curiosità che può catturare chi, ora, può affacciarsi a una storia “Deconstructed”, per scoprire cosa vuol dire vivere da protagonista, davvero.