Caliban
Ghost Empire

2014, Century Media
Metalcore

Recensione di Lorenzo Zingaretti - Pubblicata in data: 28/01/14

Se si pensa al metalcore europeo non si può evitare di considerare la Germania, forse la patria della scena continentale. Anche se oggi, a livello di popolarità, il paese teutonico è stato soppiantato dalla Gran Bretagna (Bring Me The Horizon e Architects dovrebbero dirvi qualcosa), la tanto amata-odiata fusione di metal e hardcore ha radici ben salde nei Länder tedeschi. E dopo il clamoroso ritorno degli Heaven Shall Burn – band sempre al limite di questo sound, molto più pesante della media dei suoi colleghi – lo scorso maggio con il potentissimo “Veto”, il nuovo anno si apre con il nono disco dei Caliban, “Ghost Empire”.

Una opener come “King” potrebbe già da sola spazzare tutti i dubbi rivolti verso il gruppo di Essen, spesso accusato di ricalcare quanto fatto al di là dell'oceano (chi ha detto Killswitch Engage e As I Lay Dying?) ed essere dunque poco personale: il pezzo infatti è un assalto hardcore all'arma bianca, capace di caricare l'ascoltatore oltre il limite. Il disco continua con brani potenti, senza però rinunciare alle aperture melodiche ormai parte integrante del prodotto Caliban; ma rispetto al passato queste melodie sembrano più mature, non più un riflesso della moda imperante o peggio clonate dai gruppi di cui sopra. Un ottimo esempio di quanto detto è sicuramente “Good Man”, forse il pezzo più “strano” del disco, cioè quello meno in linea con quanto ci si possa aspettare dai Caliban. E un'altra sorpresa è rappresentata da “nebeL”, il cui titolo può essere letto in entrambi i sensi (in tedesco nebel sta per nebbia, leben per vita), cantata in tedesco dal frontman Andreas Dörner.  

I singoli episodi formano comunque un tutt'uno decisamente solido, che presenta pochi passaggi a vuoto (qualche filler c'è, è vero, ma i cali sono fisiologici, specie dopo tanti dischi in studio) e che, tutto sommato, sembra migliore di quanto realizzato dai Caliban nella loro fase intermedia, quella appunto in cui il gruppo tedesco strizzava un po' troppo l'occhio ai colleghi a stelle e strisce. E questo è un discorso che va avanti già dal precedente “I Am Nemesis”, di cui appunto “Ghost Empire” rappresenta la naturale evoluzione. I Caliban sembrano dunque essersi scrollati di dosso quella pesante etichetta secondo la quale difettavano di originalità,  cosa che ha contraddistinto alcuni momenti della loro carriera; molto probabilmente non tireranno mai fuori dal cilindro un vero capolavoro, ma a volte basta aver ritrovato un minimo di ispirazione per poter dare il proprio onesto contributo alla musica.



01. King

02. Chaos – Creation

03. Wolves and Rats

04. nebeL

05. I Am Ghost

06. Devil's Night

07. yOUR Song

08. Cries and Whispers

09. Good Man

10. I Am Rebellion

11. Who We Are

12. My Vertigo

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