Rock abrasivo, qualche venatura blues, un sassofono apparentemente fuori luogo e del vago sentore di sound anni ’90 sulla scia dei The Afghan Whigs che di tanto in tanto salta fuori. Questo è in breve “Bliss”, il quinto album dei Captain Mantell. Sarebbe tuttavia riduttivo e poco rispettoso definirli solo in queste poche righe.
“Bliss” è un disco che sorprende, col suo groove che permea le quindici narrazioni sonore e con soluzioni che solo sulla carta potrebbero apparire bislacche: un sassofono in un disco rock n’ roll, con spiccata ispirazione blues per giunta? Credete al sottoscritto quando afferma con decisione che questa è una carta tanto bislacca quanto maledettamente vincente. Basterebbe ascoltare “Side On” e “The Ending Hour” per capire che lo strumento a fiato di Sergio Pomante è stato integrato perfettamente, dimostrandosi un elemento imprescindibile, ottimamente incastonato negli arrangiamenti, senza il quale praticamente l’80% del disco avrebbe perso consistenza in maniera imbarazzante. Non stiamo parlando di qualche buona idea ben sfruttata in un disco tutto sommato discreto, stiamo parlando di un disco che di per sé è la perfetta realizzazione di idee originali ed azzeccate: non vi è tanto una sensazione straniante, quanto piuttosto sorpresa, la piacevole sorpresa di ascoltare soluzioni nel loro insieme geniali, inserite in contesti che, strutturalmente, sono squisitamente blues n’ roll.
Il disco che non t’aspetti, che potrebbe essere assai apprezzato all’estero, che sa di estero pur essendo registrato tra Veneto ed Abruzzo. E c’è quella atmosfera un po’ alticcia, un po’ appiccicaticcia tipica delle serate dal gomito un po’ troppo in alto, dove l’odore di mosto inebria e stuzzica idee che non potresti mai avere da sobrio. Un po’ come piazzare un sassofono come parte integrante ed imprescindibile delle tue composizioni.