Squadra che vince non si cambia. Devono esserselo ripetuto più volte anche gli Chevelle, freschi di pubblicazione del nuovo album "The North Corridor" a due anni di distanza dal predecessore "La Gàrgola". Rinnovata la collaborazione col producer Joe Barresi in cabina di regia, il trio di Chicago si ripresenta con il lavoro più duro della propria carriera ma senza discostarsi dalla linea di pensiero musicale espressa nel corso del tempo. Aldilà della qualità di scrittura ben collaudata e senza particolari elementi di novità rispetto al passato, anche in questo caso sono i suoni a dettare la differenza in un disco di questo tipo con le distorsioni in primissimo piano.
La devastante potenza tipica degli Chevelle si palesa già dopo una manciata di secondi non appena tutti gli strumenti entrano in scena nell'opener "Door To Door Cannibals", introdotta dal tipico riffing sincopato del cantante/chitarrista Pete Loeffler. Da lì in avanti la band inizia ad inanellare una serie di bombe una dietro l'altra come "Young Wicked" e "Warhol's showbiz" giocando quasi esclusivamente, fatta eccezione forse per la sola "Enemies", su ritmi lenti che esaltano il groove possente di riff apparentemente semplici ma molto orecchiabili. Tra una scarica di energia e l'altra si incastrano quindi le parti vocali di Loeffler ben bilanciate tra melodie sofferte e violenti scream quando si presenta l'occasione di lanciare le parti più tirate.
Solo l'ipnotica "Punchline" cambia completamente registro virando verso atmosfere più sognanti impreziosite da piccoli arrangiamenti sonori di contorno ma funzionali alla riuscita del pezzo. Chiusa questa isolata parentesi c'è ancora il tempo nel finale di gustarsi altre due staffilate con la frizzante "Got Burned" ed il lento incedere della conclusiva "Shot From A Cannon".