Nel mentre, la nostra si dichiara pansessuale, e decide di rilasciare, un anno dopo l'esordio francese, la versione internazionale del disco sopra menzionato. Per l'occasione, si varia il contenuto della scaletta, si traducono (ma mai completamente) alcuni brani in inglese, e si dedicano i fiori della copertina ad una certa Oceane, moglie dell'artista.
Badate bene: non è per un senso di pruriginosa provocazione che si rimarca l'ambiguità sessuale dietro al progetto di Christine & The Queen. Semmai, è proprio questa autentica, sincera incapacità di saper distinguere il mascolino dal femminino nell'arte di Heloïse ad essere tremendamente affascinante.
Tutto è incerto dentro Christine & The Queens. Dalla lingua delle liriche, equamente divise in francese ed inglese in un interscambio tanto serrato, da avvenire spesso dentro lo stesso verso di una canzone (senza rinunciare a sprazzi anche di italiano), alla musica, che si divide tra il maschio della base elettronica - sempre molto fredda, calcolatrice e "distante" - ed il calore della chanson francese, emotiva e femmina. Su tutto, Heloïse gioca coi vestiti, con il corpo, e con il nostro senso di familiare distinzione di specie, contornando il tutto di luci e di ragioni del cuore (guardate il video di "Jonathan" in perfetta compagnia di Perfume Genius).
Nasce, quindi, un disco pop elettronico incredibilmente fresco e frizzante, dove la Nostra, cavalcando in continuazione il "confine", riesce a cristallizzare in musica attimi estremamente fugaci della nostra emotività, regalando loro la vita prolungata - ed in un certo qual senso eterna - di una canzone.
Succede su "Paradis Perdus", dove si cattura quel momento in cui l'amore, poco prima di morire, diviene intensissimo, grazie ad una lotta tra il beat organico e l'orchestra straziata, un gioco che riesce benissimo anche sulla perfezione melodica di "Night 52". Impossibile poi non citare il disperato ed accorato appello di "Saint Claude" di fermare le proprie esistenze su un amore che sta per nascere, neonato e totalmente indifeso di fronte alla paura, e che solo grazie al suo r'n'b melodioso e futurista riesce a non risultare patetico e scontato, quanto piuttosto straziante ed invitante. Ancora, sentire l'industria al lavoro dietro "Jonathan", mentre Christine e Perfume Genius ci cantano di una delle migliori qualità dell'uomo: la capacità di perdonare per tornare a condividere.
Persino quella che pare una marcia militare divertita sul mondo transgender ("Half Ladies"), o la canzone di un Michael Jackson metrosexual che dal 1984 si ritrova improvvisamente nel 2020 ("iT"), o un funky disco weirdo anni '70 ("Science Fiction"): sono tutti esempi in cui Christine & The Queens sa essere leggera ed intensamente drammatica allo stesso tempo. Un divertente e fresco candito, che una volta sciolto in bocca rilascia un inatteso e sconvolgente struggimento del cuore.
E' il potere di una musica calcolata che non riesce a suonare fastidiosamente fredda nemmeno nell'unico episodio urban realizzato per ingraziarsi il mercato americano ("No Harm Is Done", con Tunji Ige come ospite per la parte più "Drake" del brano), e che, al contempo, non riesce a mostrarsi mai completamente rilassata ed istintiva nemmeno quando un potentissimo organo arriva a reclamare, con possente voce, tutto il suo carico di disperazione ("Safe And Holy").
Nel turbinio dello scontro di queste due correnti, il vortice Christine & The Queens travolge e distrugge, risultando di fatto la cosa più bella in musica che la Francia abbia partorito dai tempi degli Air.
Non lasciatevi scoraggiare da una folle strategia commerciale che impedisce a noi italiani di avere il disco: c'è internet, e tutti i mezzi legali per avere l'opera - anche in formato discografico - comodamente a casa vostra. Fatevi dunque senza indugio alcuno un regalo gioioso, malinconico, intenso ed ardito.