Aprite gli ombrelli e correte ai ripari, è uscito il nuovo disco di Tarja. Una di quelle release che trascina con sé la consueta coda di polemiche e accesi dibattiti, alla maniera di un temporale di fine estate. Mentre i Nightwish continuano a navigare a vista in attesa di tempi migliori, la cantante finlandese prosegue la sua carriera solista incurante dei numerosi detrattori, forte di un successo ormai consolidato che va ben oltre i confini del nostro continente. Come si conviene ad un titolo che suona quasi come un ossimoro, “Colours In The Dark” non smentisce né stravolge quanto detto e fatto fino ad ora dalla Signora Cabuli e rispecchia fedelmente la personalità di un’artista eclettica, capace di interpretare più generi musicali con la massima naturalezza.
Tutti avranno avuto modo di sentire il primo singolo “Victims Of Ritual”, un pezzo discreto che include tutti gli elementi della Tarja solista, ma il disco regala momenti assai più intriganti a partire sin dalla successiva “500 letters”, uno di quei brani che dividerà il pubblico per il forte appeal commerciale. C‘è un’attenzione maggiore alle chitarre ma il dubbio che sia una fugace impressione è forte, almeno fino a quando irrompe il riff di “Never Enough”, altro brano che gioca sui contrasti ma comunque convincente. Tarja capitalizza l’esperienza accumulata negli anni, smorzando certe ingenuità in fase di arrangiamenti e di songwriting. “Mistique Voyage” ad esempio è uno dei suoi brani più toccanti, che rafforza la nostra convinzione secondo cui la cantante sia decisamente più a suo agio quando ripone le chitarre elettriche in custodia. Guai pensare che la cantante finlandese si limiti a giocare facile, la scelta di riproporre “Darkness”, uno dei brani più oscuri e complessi di Peter Gabriel, potrebbe sembrare suicida, ma Tarja ne esce a testa alta, grazie a una interessante revisitazione che non snatura il pezzo originale. “Deliverance” è un altro brano che prosegue il discorso di “Mystic Voyage”, mentre “Neverlight” è un brano heavy rock che calza a pennello per la cantante finlandese. La conclusiva “Medusa” riprende almeno nelle intenzioni, il discorso iniziato con Mike Oldfield nel brano “Never Too Far” e che, al pari di quello, necessita di qualche ulteriore rifinitura.
Sarà merito del lavoro di Tim Palmer in console (U2, Pearl Jam), saranno gli anni di esperienza accumulata, fatto sta che “Colours In The Dark” ha un sapore diverso rispetto ai suoi predecessori. Il sound è più corposo, il disco esce dallo stereo con più convinzione e i brani, una volta tanto, sembrano davvero di ottimo livello. Forse è davvero iniziata una nuova era, per Tarja Turunen.