I contrastanti colori dell’artwork, una data di pubblicazione risalente al lontano 1998 ed un elisir di lunga vita chiamato “ristampa” che ridona la linfa giusta ad ogni singolo brano. Avete capito? Oggi parliamo di “Operation Manitoba”, il debutto degli italianissimi Cut.
Oltre a rappresentare un pezzo di storia, la ristampa di “Operation Manitoba” potrebbe offrire alla band l’occasione per farsi conoscere anche da chi in quegli anni non sapeva neanche accendere uno stereo. Certo, bisogna dire che questo disco quindici anni sembra proprio non dimostrarli; ciò non significa che non rievochi un’atmosfera d’altri tempi. Il sound dell’intero disco ricorda un po’ una camera disordinata, caotica, maleodorante, dove però si fa buona musica; non ci sono pizzi o merletti, non abbiano suoni che potrebbero “far gongolare” i fanatici del radio-friendly, bensì chitarre distorte, una batteria elettrizzata al punto giusto e delle idee di base veramente interessanti. Abbiamo poi la voce di Elena Skoko, che dimostra caparbietà nella scelta delle linee vocali non particolarmente difficili ma in grado di spiccare per originalità. L’uso delle chitarre, invece, sembra invece risentire un po’ del tempo che passa (esempio lampante è “Something”): saranno le ripetizioni dello stesso giro? Certo, non è questo il caso della finale “Psycho Rock’n’roll”, canzone intelaiata da una cagnara disumana non priva di fascino.
Per i vecchi fan della band è giunto il momento di riprendere in mano un ottimo album e ricordare vecchie cazzate e strani sabati sera fatti di cazzeggio con gli amici. Stavolta, magari, condividendo l'esperienza con i figli, che a loro volta scopriranno un modo di fare musica autentico che nel panorama musicale odierno si intravede a fatica.