La pubblicazione in questo 2018 di "Crooked Shadows", settimo album in studio, non può quindi che suscitare curiosità su come la band abbia deciso di rinnovare il proprio stile dopo tutti questi anni. In primo luogo, ci si rende conto che si tratta di un lavoro molto corto, nemmeno mezzora di musica calma e spirituale, con la quale Carrabba veicola il suo lato più sentimentale. La chitarra è pulita e si aggiunge ai più consistenti layer di tastiere ed elettroniche, che danno prova di un certo adattamento dei Dashboard Confessional alla scena pop odierna. Immediati sono, infatti, in alcuni pezzi come "We Fight" e "About Us", gli elementi di richiamo alla musica di band come gli Imagine Dragons, così come lo stampo alla Ed Sheeran di "Heart Beat Here", ballata acustica costruita su un corpo di chitarra e voce.
Nel complesso, nonostante il timbro più maturo del frontman, la natura originale dei Dashboard Confessional si avverte più o meno nel corso di tutto l'album, leggermente svecchiata e talvolta arricchita di qualche elemento esterno, come il violino di Lindsey Stirling in "Open My Eyes" e la voce di Chrissy Costanza nell'intimo duetto della conclusiva e sentimentale "Just What To Say".
L'intento di Chris Carrabba di fare di "Crooked Shadows" un album intimo e diretto è quindi in qualche modo riuscito, ma al di là della natura catchy e della smielata e riflessiva atmosfera delle 9 tracce di questa release, quello che rimane dall'esperienza dell'ascolto è una sensazione di piattezza. Nella sua brevità e ordinarietà, infatti, il disco tende a scivolare via senza che l'attenzione riesca a cogliere un qualcosa di particolare e caratterizzante. Se è vero che la band statunitense è stata da un lato anticipatrice di quella che è la realtà pop moderna, il rischio, per questo lavoro, è quello di apparire come un tentativo di conformazione ed imitazione.