Si dice che ormai nella musica non ci sia più nulla da inventare. Non andatelo a raccontare in alcuni angoli delle periferie di Melbourne, potreste essere assaliti da un branco di Deaf Wish. Selvaggi ma ordinati, sperimentatori consapevoli, freschi con un grande rispetto del passato. Ed è soprattutto del passato che i pupilli di Sub Pop sono rispettosi, incastonando provocazione e rammarico in un disco razionale dal punto di vista stilistico, impavido da quello dei testi: graffiano con i suoni, rimarginano con le parole, omaggiano le società primitive e le band che hanno reso possibile la loro ascesa.
Sarah Hardiman, Jensen Tjhung, Lee Parker e Daniel Twomey sono tornati con ‘Lithium Zion', quinta uscita del gruppo anticipata dal singolo ‘FFS', disco scritto a otto mani e cantato a tre voci. Da ‘Metal Carnage' a ‘Deep Blue Cheated' sono netti gli intenti dei quattro: utilizzare l'ironia come filo conduttore di tematiche serie e spesso negative. A galleggiare tra la fine degli anni '70 e l'inizio degli anni '90 notiamo soprattutto ‘Birthday', ‘Afraid For You' e l'atipica ‘Smoke', i pezzi più vicini alla quotidianità in cui gli ascoltatori membri del sistema occidentale possono ritrovarsi.
Nonostante la malinconia degli anni che corrono, il risultato è un album che scorre veloce come la fretta che hanno i Deaf Wish di spaccare. Seconda pubblicazione per Sub Pop dopo l'album del 2015 ‘Pain', l'invito ad uno dei buffet di Garage Punk più autentici dell'ultimo periodo è finalmente servito.