Fase tinta di pennellate nostalgiche per i Saxon: mentre si avvicinano lentamente al quarantesimo anno d'esistenza, i veterani dello Yorkshire continuano il viaggio a ritroso, celebrando la propria eredità al fine probabilmente di educare le giovani generazioni al verbo dell'acciaio indistruttibile. Tra i metallers più importanti e influenti del panorama globale ed esponenti di rilievo del glorioso NWOBHM, i britannici, guidati dal carismatico frontman Biff Byford, si sono dimostrati nel corso della carriera incredibilmente prolifici, con ben ventuno album alle spalle e il prossimo, "Thunderbolt", in uscita nel 2018. Se la raccolta monstre "The Solid Book Of Rock", una serie di full-length meravigliosamente confezionati che copre il periodo da "Solid Ball Of Rock" (1991) sino a "Into The Labyrinth" (2009), mostra la parziale tenuta delle band rispetto al severo giudizio del tempo in un contesto musicale in continuo cambiamento, "Decade Of The Eagle" testimonia l'evoluzione del gruppo nei primi due lustri di attività attraverso una ragionata selezione di trentaquattro composizioni raccolte in un doppio LP. Dagli anni del grande successo commerciale, con abbuffate di dischi d'oro e di platino a posizioni di maggiore retroguardia: percorso che ha visto il quintetto profondersi in audacie pericolose, manifestando una discreta dose di intelligenza, verve e furbizia, nonostante un bagaglio tecnico non eccelso e mutamenti di rotta opinabili.
La prima parte della compilation si apre con una scelta di estratti dall'incerto debutto "Saxon" (1979), concepito quando la declinazione della pesantezza, lontana dalla brutalità odierna a alla ricerca di una chiara identità, traeva largamente spunto dall'hard e dal blues dei seventies. Nondimeno il taglio acuminato e l'accattivante refrain di "Stallions Of The Highway" e il drumming battagliero di "Militia Guard" ostentano una grassa patina piacevolmente grezza e dalle pulsioni ritmiche incoraggianti. La metamorfosi però bussa presto alla porta: "Wheels Of Steel" (1980) proietta i nostri nel Gotha degli intramontabili, finanche in termini di vendite strabilianti. In virtù di una migliore qualità di produzione e di una crescita galoppante, sbocciano come fiori nel cemento la veemente "Motorcycle Man", la tragica e complessa "747 (Strangers In The Night)", la delicata "Suzie Hold On", seguite da "Dallas 1pm", incentrata sull'assassinio di Kennedy, e dalla poderosa "20000ft", piste incluse in "Strong Arm Of The Law" (1980) e che documentano una qualità di scrittura complessiva più coerente rispetto alle precedenti fatiche. "Denim And Leather" (1981) porta in dote soprattutto la title-track: tocco classic rock, riffing circolare, testo che richiama lo stile di vita, ormai inveterato cliché, incarnato da Marlon Brando ne "Il selvaggio".
La seconda sezione conduce l'ascoltatore attraverso i momenti salienti di "Power And The Glory" (1983): "This Town Rocks" ricorda fragranze AC/DC e cascami proto thrash, in contrasto con "Midas Touch", dal tono cadenzato e riflessivo. "Sailing To America", da "Crusader" (1984), soffre di scarsa freschezza, al pari dei restanti brani provenienti dal medesimo platter, conclusione in anticlimax del rapporto con la storica etichetta francese Carrere Records; le tracce contenute invece in "Innocence Is No Excuse" (1985) e qui riproposte, quali "Rockin 'Again" e "Rock' N 'Roll Gypsy", palesano un sound d'impatto, ma meno aguzzo, quasi a voler inaugurare un nuovo corso, complice il sodalizio con la EMI. Operazione ripetuta con "Rock The Nations" (1986): dagli elementi glam di "Waiting For The Night", ai riverberi acustici di "Northern Lady" il combo inglese modifica ulteriormente il linguaggio sonoro usuale, planando su discutibili lidi patinati e senza nerbo. La collezione si chiude con un paio di tracce distillate da "Destiny" (1988), ovvero un'onesta cover in chiave AOR di "Ride Like The Wind" del cantautore texano Christopher Cross e la bruciante "Red Alert", zampata finale gagliarda ed energica, degna dei vigorosi esordi.
Coriacei e a loro modo eclettici, i Saxon sembrano non esaurire mai le batterie, sfoggiando un invidiabile furor di carica e dinamismo. Che si tratti di inediti o greatest hits, la marcia avanza imperterrita, sorda a critiche e perplessità: uno sguardo al passato illustre per l'unica aquila sassone dell'heavy metal mondiale.