Acclarato che oramai i Savage Messiah, di selvaggio, hanno, per scelta consapevole, ben poco, non apparirebbe giusto bollare il loro ultimo album "Demons" come una prova opaca o, peggio, monocorde: anzi, se del thrash degli esordi si erano perse quasi completamente le tracce nello scorso "Hands Of Fate" (2017), l'heavy metal traslucido e ferrigno del nuovo LP torna a cibarsi di quell'aggressività galoppante che caratterizzava dischi quali "Plague Of Coscience" e, soprattutto, "Insurrection Rising".
L'aspetto melodico viene elargito in quantità robuste, permettendo alla band di conservare un appeal rotondo e confidenziale che tanto paga in termini commerciali: strategia condivisibile, benché nei momenti meno arrembanti emerga la sensazione di trovarsi di fronte a dei Nickelback solamente più arcigni. In ogni caso, resta degna di lode la capacità dei nostri nell'imbastire un lavoro gradevole all'ascolto e omogeneo dal punto di vista del songwriting: operazione non facile e scontata, considerando il duplice abbandono del drummer Andrea Gorio, sostituito da una coppia di turnisti di valore (Ali Richardson e Dan Wilding), e del chitarrista Sam S Junior, protagonista, comunque, di alcuni assoli e di un paio di sovraincisioni.
La carta vincente del lotto risiede nelle variazioni ritmiche: "Virtue Signal", "Under No Illusions", "The Bitter Thruth" e "Rise Than Fall" annichiliscono per potenza e precisione, le cadenzate "What Dreams May Come" e "Parachute" non disdegnano coinvolgenti sezioni in up-tempo di matrice power, il main riff di "Heretic In The Modern World" segna un'ideale luogo d'incontro tra Megadeth e Testament, la ballad muscolare "Until The Shadows Fall" abbina fraseggi e cori da pelle d'oca. E mentre "The Light Are Going Out" sembra, per atmosfera, la sorella germana di "Sad But True", "Down And Out" e "Steel The Faith In Me" veicolano l'amore per Metallica e Iced Earth attraverso un gioco d'incastri magari non troppo originale, ma di sicuro impatto auricolare: la padronanza vocale di Dave Silver e la ricerca costante del groove consentono al full-length, poi, di guadagnare in efficacia anche laddove difetti di autentica fantasia compositiva.
I Savage Messiah, si dimostrano, dunque, un gruppo oliato nonostante i recenti cambi di formazione: accattivanti nella pesantezza, gli inglesi sanno gestire agilmente il proprio stile, piegandolo ai bisogni accidentali e alle velleità di cassetta. "Demons" ne rappresenta l'adeguata sintesi transitoria: per il futuro, vedremo.