Depeche Mode
Playing The Angel

2005, Mute Records
Elettronica

Recensione di SpazioRock - Pubblicata in data: 28/03/13

Recensione a cura di Michele Techilao

Complesso, penetrante, oscuro, contrastante. Troppi gli aggettivi che servirebbero per definire “Playing The Angel”, l’undicesimo album dei Depeche Mode, forse tra i migliori del gruppo quanto a spessore. Diverse pagine di riflessioni si potrebbero scrivere su questo disco, date la complessità e allo stesso tempo la chiarezza delle canzoni che lo compongono. Senza dubbio però, il tema complessivo che caratterizza tutto l’album, è quello dell’eterna lotta tra bene e male, che vede come campo di battaglia l’animo umano, creando dentro di esso un delicato equilibrio, che rischia continuamente di spezzarsi e aprire un baratro di oscurità. Tutta l’opera è permeata da questo conflitto, reso musicalmente dalla contrapposizione tra la freddezza del suono elettronico e il calore appassionato della voce di Dave Gahan. Sonorità particolarmente fredde dunque, fredde ed aggressive, generate anche dalla magistrale trasformazione di semplici rumori in veri e propri suoni, come si può notare nella parte finale di “Suffer Well” e in tutta la canzone “Sinner In Me”. Non sono solamente suono e voce, però, a contrastare, ma anche musica e parole, come avviene nel brano “Nothing’s Impossible”, dove il sound tetro e cadenzato e le voci di Dave e Martin unite insieme in un'unica voce robotica, si oppongono alla speranzosa luminosità delle parole. Anche i concetti espressi nei testi contrastano tra loro, anche le stesse parole, come l’ossimoro “The Darkest Star”, la stella più scura, che dà il titolo all’ultimo brano dell’album (brano da un cui verso è stato tratto anche il titolo dell’intero lavoro). In quest’opera vediamo anche il debutto di Dave Gahan come paroliere (rispettivamente nelle canzoni “Suffer Well”, “I Want It All” e “Nothing’s Impossible”), che si dimostra all’altezza del collega e amico Martin Lee Gore per profondità e valore dei testi.

Omogeneo dal punto di vista dello spessore “Playing The Angel”, seppur notevolmente cupo e ricco di contrasti, è un album armonioso e compatto, sèguito del percorso di crescita dei Depeche Mode, che esordiscono all’inizio degli anni ottanta con le sonorità semplici e i testi spensierati di “Speak & Spell” e vanno via via maturando 25 anni di onorevole carriera, costellata di successi (e difficoltà), dando origine a suoni sempre più misteriosi ed affascinanti, e per molti versi anche più tetri e complessi. Un album senza dubbio maturo ed efficace, capace di entrare profondamente nell’animo di molti ascoltatori, ora attraverso canzoni che si insinuano lentamente nel cuore, ora attraverso canzoni che investono la persona come una zaffata di aria fredda, spesso provocando a chi le ascolta attentamente una piacevole “pelle d’oca”.



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