A dispetto di stili e tendenze, i californiani Skeletal Remains - che si sono fatti le ossa in tour in giro per il mondo tra il 2011 e oggi, si mantengono fedeli ai dettami dell'old school; dando alle stampe "Devouring Mortality", prodotto da Dan Swanö (Opeth, Bloodbath) e con artwork opera di Dan Seagrave (Entombed, Suffocation, Dismember), proseguono con decisione la linea intrapresa dal 2012 con "Beyond The Flesh" e resa definitiva dall'album del 2015 "Condemned To Misery". Quella cioè che guarda ai gruppi succitati come principali riferimenti (più citazioni sparse a band meno note come Gorguts e Pestilence) e produce lavori dallo stile retrò ma dal sound aggiornato all'epoca del digitale.
Da segnalare, rispetto agli album precedenti, oltre che la resa sonora decisamente più nitida ed equilibrata, una maggiore sicurezza tecnica, la spiccata propensione per le progressioni scalari, evidente nelle parti centrali di brani come "Seismic Abyss" e in "Grotesque Creation" (gran brano), oltre che le frequenti incursioni blastbeat. Un passo in avanti entro i limiti di una scelta che gurda recisamente all'indietro e lì si ferma, con tutti i limiti che una scelta del genere comporta. Chi ci legge da un po' sa che questo gusto retrò supera i limiti del death e si è anzi manifestato con rilevanza in ambito thrash metal o, più di recente, in un massiccio ritorno all'heavy classico. Gli Skeletal Remains sono probabilmente tra le death band di ultima generazione quella più orientata al recupero vintage ma che, occorre dirlo, lo fa con gusto e perizia. Prendere o lasciare insomma, ma non è tutto vecchio conio quello che luccica; il ponte lento di "Catastrophic Retribution" con le sue armonizzazioni, la gravità funebre dell'attacco di "Torture Labyrinth" che prelude al massacro, il tiro di "Reanimating Pathogen" suggeriscono sviluppi più personali, che però restano in ombra.
Manca ancora alla band, secondo noi, la capacità di fare un balzo in avanti verso la definizione di uno stile davvero personale, anche nei limiti del continuo richiamo all'old school; si sente la mancanza di un po' di sprezzatura, quella qualità che spinge con disinvoltura la musica un po' fuori dal proprio consueto seminato, rendendo unica la proposta di una band. Qui la formula, per quanto sempre di livello dignitoso, è spesso ripetitiva e annoiarsi in un album metal non è mai un buon segno. Le premesse ci sono decisamente tutte e non ci stupirebbe se il prossimo futuro dovesse stupefare le aspettative di molti fans della prima ora. Per il momento lo splendore c'è ma è ancora in nuce, sottotraccia attende l'occasione propizia per farsi largo attraverso l'autorità forse troppo ingombrante dei modelli. Con "Devouring Mortality" la band ha conseguito la maturità. Riuscirà a mettera a punto uno stile personale? Se son rose...