Molti dei lettori di una webmagazine rock conoscono la sensazione di girare sempre con la musica nelle orecchie, di osservare e subire la situazione musicale nel nostro Paese, della pena richiesta per trovare prodotti originali, ben costruiti, appaganti. E, guardiamo in faccia la realtà, alcuni ambienti implicano così tante variabili che risulta veramente complicato schivare le varie imitazioni, i vari tentativi più o meno raffazzonati, e poter davvero godere dell'arte che l'Italia ha sempre racchiuso.
E' il caso del metal, è il caso del prog – è il caso dei DGM: una delle pochissime band progressive metal italiane davvero affermate, davvero sotto le stelle internazionali, davvero capaci di andare a braccetto con nomi ben più altisonanti. I cinque italianissimi musicisti, ormai già al nono disco in studio, trovano forse l'apice della loro carriera nella promozione dell'ultimo album, "The Passage" (2016), culmine di un percorso che li ha portati nei festival di tutta Europa e ad aprire per i Symphony X.
"Passing Stages: Live in Milan and Atlanta" è un cofanetto live rappresentativo della potenza del percorso, dei contenuti e del larghissimo respiro della band: due dischi per altrettanti concerti, il primo al Frontiers Festival a Milano (casa dolce casa), il secondo nei vortici dell'american dream ad Atlanta. In realtà, l'ordine cronologico sarebbe l'opposto, considerato che è proprio qui in Italia che i DGM hanno registrato la presentazione dell'ultimo disco, nel 2016; il concerto di Atlanta risale invece al 2014 e permette di regalare all'ascoltatore l'esperienza dei lavori e dei concerti passati dei cinque progster, in particolare con i brani dei dischi "Frame" e "Momentum" – i primi album dall'ingresso del vocalist Marco Basile.
La prima impressione che si ha, e già è qualcosa che ritorna, è che dal rombo del pubblico, dalle incitazioni di un Basile molto international, ci si stupisca di essere al cospetto di una band al cento per cento italiana. La suite "The Secret" apre il concerto, e sarà rappresentativa del sound di tutto il disco, con gli immancabili intrecci di chitarre e tastiere, il basso largo e tonante di Andrea Arcangeli, un vocalist on fire e, in generale, la ormai proverbiale perizia esecutiva di tutto il gruppo. Il riffing, preciso e grosso è di Simone Mularoni, già impegnato in numerosi progetti Frontiers – non ultimo un Joe Lynn Turner entusiasta del chitarrista ai nostri microfoni.
E' forse la chitarra il centro del mix live, dato che risulta decisamente presente, ma saggiamente non troppo tagliente: equilibrato encomio al musicista e al producer, capaci di creare un suono così imponente con una sola chitarra e di mixarlo come si deve. Questo permette all'intero ascolto di avere il giusto punch, e soprattutto salva l'essenziale equilibrio fra una grande pulizia dei suoni e l'immancabile urlo del pubblico, fra la profondità del missaggio e l'atmosfera, che emerge nei rari intermezzi più soft – si pensi a "Disguise", gemma piano e voce, o ad alcuni momenti solistici di Mularoni/Casali.
Azzeccata anche la scelta dei pezzi e di cosa includere sul disco, considerato che delle undici canzoni di "The Passage" ben nove vengono riproposte sul CD1. Ma si DEVE andare in doppia cifra. Soprattutto quando ti chiami DGM e soprattutto quando tutto il pubblico di casa, a Trezzo Sull'Adda, aspetta di cantare a squarciagola l'inno prog della band, la "Hereafter" degli acuti e delle armonie vocali, dell'intricatissimo assolo di chitarra e synth, della linea di basso ruggente. "Hereafter" è anche il commiato della prima parte del cofanetto live che lascia l'ascoltatore colpito, appagato e con la giusta dose di voglia per poter desiderare il disco successivo, da mettere nel lettore anche immediatamente se la fame è abbastanza.
Saranno dodici tracce dal repertorio passato dei DGM, era Basile, a placare qualsiasi bramosia, con le solite chitarre, forse un pelino più taglienti, a nutrire l'orecchio destro, con il synth di Casali più presente, con la batteria di Fabio Costantino forse leggermente più dark. E con la folla americana che accoglie la band allo stesso identico modo dei fratelli italici, tutti in coro: "DGM, DGM, DGM..." Se non è un traguardo questo, spiegatecelo voi cos'è.
"Void" apre il secondo disco, e anche si va indietro di due anni, l'esperienza è la stessa, i virtuosismi anche, lo stile è tipico e inconfondibile per tutte e dodici le tracce – emblematica "Reason", unica canzone presente in entrambi i dischi/concerti, il cui confronto conferma la precisione quasi meccanica del quintetto. Ai sopracitati brani di Momentum segue il momento di "Frame", disco datato 2007, da cui vengono estrapolati pezzi come "No Looking Back", "...In A Movie" (senza Trapped), fino alla usuale conclusione con stile, con "Brand New Blood" fra cori epici, doppio pedale, armonie Mularoni-Casali e assolo di chitarra sul break.