MaYan
Dhyana

2018, Nuclear Blast
Symphonic Death Metal

Recensione di Riccardo Marchetti - Pubblicata in data: 18/09/18

Mark Jansen, noto principalmente per essere il mastermind degli Epica, è divenuto nel tempo un compositore, chitarrista, cantante ed elemento polivamente all'interno dell'intera scena. Attivo anche con il suo progetto MaYan, torna a risvegliare il suddetto moniker con una nuova uscita, a quattro anni dalla precedente. Non facciamoci però ingannare, se il buon Mark è la mente alla base del progetto, nell'esecuzione troviamo musicisti altrettanto talentuosi, capaci di dare al pubblico un'esecuzione impeccabile in grado di farci godere appieno questa pubblicazione nonché garantendoci assimilazione completa durante l'ascolto, nonostante si tratti di un EP parecchio corposo. Questo "Dhyana" non tradisce dunque le aspettative, realizzando un apprezzabile connubio tra death metal e una sinfonia orchestrale.


Le tracce, pur non avendo uno schema predefinito, rispecchiano bene ambedue le anime dell'opera, lasciando spesso, ma non sempre, l'introduzione all'orchestra che viene poi raggiunta quasi subito dal trittico metal; le due realtà poi vorticano insieme alternandosi o sostenendosi. Così fanno anche le voci, varie e tecnicamente fini, impegnate a darsi il cambio per tutta la registrazione, dalla soprano Laura Macrì al cantato limpido di Marcela Bovio, dal timbro rockeggiante e polveroso di Henning Basse (Firewind), alle voci growl e scream di George Oosthoek e dello stesso Mark Jansen.
A volte però questo non basta, allora i timbri si sovrappongono, portando stili di canto diversi a lavorare insieme, facendo guadagnare all'inciso una grande profondità.
Come appena specificato, a livello musicale non vi è una netta prevalenza delle due parti, il lavoro risulta vario al punto giusto; quando l'apparato chitarristico e quello batteristico accelerano, l'orchestra li sostiene bene, regalando solennità, così come quando l'atmosfera sinfonica si impone, la controparte metal si distende in una complementarità ricercata. La buona riuscita della fusione è lampante in tracce come l'introduttiva "The Rhythm of Freedom", capace di catapultarci subito nello spirito della pubblicazione; "Saints Don't Die" dotata di gran linearità metal all'inizio per poi aprirsi nel finale con ricco passaggio sinfonico, oppure "The Power Process" in cui le abili voci femminili sovrastano bene una chitarra di pura matrice death.
Interessantissima anche la conclusiva "Set Me Free", dotata di una grande impalcatura orchestrale capace di dare grande impatto, non perdendo per questo in mordente e heavy sound.
Due le chicche che destano un'enorme curiosità: la title track "Dhyana" a metà tra l'acustico e il sinfonico, arricchita da un prezioso duetto delle due voci femminili e "Satori" introdotta dal pianoforte il quale poi lascia campo a tutta l'orchestra.


Dopo quattro anni, dunque, i Mayan ci regalano un album ricco, vario e curato, un lavoro non facile per la cui comprensione potrebbero essere necessari diversi ascolti, ma che al momento giusto saprà avvolgere l'ascoltatore con grande varietà stilistica e qualità esecutiva, qualunque sia il gusto di chi vi si approccia.





01. The Rhythm of Freedom
02. Tornado of Thoughts (I Don't Think Therefore I Am)
03. Saints Don't Die
04. Dhyana
05. Rebirth from Despair
06. The Power Process
07. THe Illusory Self
08. Satori
09. Maya (The Veil of Delusion)
10. The Flaming Rage of God
11. Set Me Free

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