Don Airey
One Of A Kind

2018, earMUSIC
Hard Rock

Recensione di Giovanni Ausoni - Pubblicata in data: 13/06/18

Il vescovo bizantino Eustazio di Tessalonica scrisse un monumentale commento agli scolî dell'Iliade e dell'Odissea: dodici volumi nei quali l'erudizione dell'ecclesiastico greco raggiunge vertici difficilmente riproducibili. Dando una superficiale occhiata alla gloriosa carriera di Don Airey, le band di cui ha fatto parte (Colosseum II, Black Sabbath, Ozzy Osbourne, Rainbow, Whitesnake, Deep Purple, soltanto per citarne alcune), le sue sterminate collaborazioni, i contributi da turnista, le regie occulte dietro le quinte di numerosi LP, le opere soliste, ebbene, probabilmente i libri da riempire potrebbero tranquillamente superare la dozzina.
 
 
Tastierista e compositore raffinato, il nostro, pur lavorando con ritmi da stakanovista, è riuscito nell'impresa di conservare intatta nei decenni la qualità della proposta: il nuovo disco, "One Of A Kind" si mostra infatti ragguardevole erede dell'ottimo "Keyed Up" (2014), fregiandosi di un lotto di piste di egregia caratura, dal tiro melodico e allo stesso tempo sferzante. Attorniato da un pugno di esecutori di eccellente categoria, il musicista di Sunderland espone in una vetrina da gioielliere d'alta classe undici pezzi smaglianti, legati inevitabilmente al passato, ma ben piantati nella sensibilità modernità: una produzione estremamente pulita corrobora la percezione di trovarsi al cospetto di un ulteriore e prezioso tassello nel curriculum di un artista divenuto già leggenda.
 
 
Se lo spettro amichevole di Gary Moore, prigioniero gaudente nelle sei corde di Simon McBride, detta le coordinate della strumentale "Remember To Call", l'adrenalina di "Respect" e i fluidi giri delle keys di "Stay The Night" profumano di Deep Purple, mentre i fan dell'AOR applaudiranno entusiasti all'incedere radiofonico di "All Out Of Line". Di certo all'album non manca la varietà e la voglia di sperimentare con giudizio: il cuore heavy di "Victim Of Pain" e la frenesia di "Lost Boys" si affiancano a una "Children Of The Sun" che si rivela un perfetto mix tra il Ritchie Blackmore del periodo Rainbow e i Judas Priest d'antan. L'arioso arrangiamento d'archi della title track diviene lo sfondo ideale per le linee vocali telluriche e avvolgenti  del singer dei Nazareth Carl Sentance, interprete poliedrico capace altresì di planare su corde più morbide in "Everytime I See Your Face", una sorta di "The Long And Winding Road" dagli assoli deflagranti. La muscolare ballad "Need You So Bad" ammalia per l'alternanza tersa e priva di sbavature di strofa, bridge e refrain, laddove le tinte progressive di "Running Free" non sfigurerebbero all'interno di una labirintica galleria del vento in compagnia degli Yes. L'utilizzo sfumato dei synth e dell'organo Hammond maculano qua e là i brani, conferendo all'insieme quella patina di lucentezza prismatica degna dell'eclettismo del settuagenario mastermind britannico.
 
 
Rispetto alle prove precedenti, a tratti cariche di un lezioso autocompiacimento, "One Of A Kind" palesa un approccio alle composizioni maggiormente asciutto e meditato: Don Airey si comporta da lucido demiurgo e disciplinato direttore d'orchestra, convogliando con successo la matrice hard rock del proprio background nel catino ribollente della pluralità stilistica. La testimonianza che la competenza, prima del talento, costituisce il passepartout dell'eterna giovinezza.




01. Respect
02. All Out Of Line
03. One Of A Kind
04. Everytime I See Your Face
05. Victim Of Pain
06. Running Free
07. Lost Boys
08. Need You So Bad
09. Children Of The Sun
10. Remember To Call
11. Stay The Night

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