End Of Green
Void Estate

2017, Napalm Records
Gothic Metal

Recensione di Pamela Piccolo - Pubblicata in data: 10/09/17

Con una seconda uscita per Napalm Records, gli End Of Green fanno la loro ricomparsa in ambito discografico a quattro anni da “The Painstream”. 

Dopo 25 anni di attività e nove album in studio, la band di Stoccarda non è ancora riuscita a imporre la sua importanza nella scena gothic metal. Benché ogni album a oggi pubblicato sia dotato di un sempre differente imprinting e abbia un suo carattere, la discontinuità musicale degli End Of Green, che possiamo altresì leggere in termini di grande varietà ed evoluzione, ha portato a un ristretto successo commerciale e di pubblico. Debole è infatti anche l’ultima fatica “Void Estate” pubblicata il 18 agosto 2017.
La band di Michael Huber sta prediligendo le atmosfere soft in cui chiudere gli occhi e lasciarsi trasportare dalla corrente. Le ballate, come il brano d’apertura “Send In The Clowns”, rendono all’ascoltatore immaginari malinconici e spensierati. Le influenze metal che hanno fatto grandi i primi due album degli End Of Green contrassegnano ormai il perimetro di strutture rock miscelate all’emo degli anni ’00. Segregati in soffitta i bisbigli baritonali e i suoni viscerali che esternavano il profondo, gli End Of Green confezionano un album semplice. 

Contrapposta al rock languido di “Send In The Clowns”, “Dark Side Of The Sun” è un brano dark doom sulla cui mesta base si fa eco la voce profonda di Huber in grado di reclamare il secondo album della band “Believe, My Friend...”. 
Una rock ballad dai toni trasognanti e romantici è “The Door”, quasi una copia dei Creed. Richiama invece immediatamente i Dire Straits “Crossroads”, la quale lascia posto a “The Unseen”, un brano composto in tre parti. Si apre come una copia dei Nirvana, un intermezzo dance ne varia il ritmo dopo 53 secondi e si trasforma nuovamente al minuto 1:11 in una rock ballad. 
Non è necessario sottolineare come la band tedesca sia da sempre avvezza a pescare qua e là motivi di ispirazione. L’ascoltatore è coinvolto nel mondo degli End Of Green, tuttavia non è pienamente convinto della riuscita di “Void Estate”, disco lontano anni luce dal gothic metal di cui il quintetto vorrebbe far parte.  
La seconda metà di “Void Estate” segna però una svolta: “Mollodrome” ha un tiro lento, di ispirazione doom sabbathiana. Qui viene toccata, finalmente, senza indugi la nostra intimità. Potrete vedere il mare ascoltando “Worn And Torn”, il secondo brano degno di nota, la cui dolcezza si scontra con la lieve vena dark di “City Of Broken Thoughts” più marcata nella nostalgica “Like A Stranger”. 

Ogni canzone degli End Of Green è indipendente e densa e le melodie costruite sono emozionalmente lineari. L’album, un’altra presunta svolta per la band, non è immediato, sebbene giri bene e sia versatile. E di questo dobbiamo darne credito, perché ancora una volta gli End Of Green ci hanno permesso una immersione in un universo fatto di inquietudini a cui ambire alacremente. 




01. Send In The Clowns
02. Dark Side Of The Sun
03. The Door
04. Head Down
05. Crossroads
06. The Unseen
07. Dressed In Black Again
08. Mollodrome
09. Worn And Torn
10. City Of Broken Thoughts
11. Like A Stranger
12. Leave This Town (Bonus Track)

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