Enya
Dark Sky Island

2015, Warner
New Age

Recensione di Fabio Rigamonti - Pubblicata in data: 24/11/15

Tanto per mettere subito le cose in chiaro - e ribadire l'ovvio, provocatoriamente scrivendo - "Dark Sky Island" - ottavo disco in studio dell'entità musicale denominata Enya - si apre con una "The Humming..." che ripropone lo stesso pattern vocale della celebre (anche perché campionata dai Fugees in tempi non sospetti) "Boadicea" sull'esordio discografico "The Celts" (o "Enya", se siete dei puristi dell'irlandese).

 

Un atto gentile, per far sentire subito a casa il pubblico dopo 7 lunghissimi anni di assenza dalle scene discografiche (Enya non si è mai esibita live, per cui l'unica dimensione nota è quella dello studio di registrazione), direte voi. Magari, risponde il sottoscritto.


Perchè "Dark Sky Island" è l'ennesimo episodio che reitera i 4 modelli di Enya-canzone nati con "Watermark", e riproposti con minime (nulle, dicono i maligni) variazioni dal 1988 ad oggi.
Ecco, quindi, la ballad piano ed armoniche di cori ("So I Could Find My Way", "I Could Never Say Goodbye"), gli "uptempo" a base di arpeggiati d'archi e melodie vivaci a seguire ("Echoes In The Rain", "Even In The Shadows"), le strumentali puramente espressioniste e new age ispirate ad universi fantasy più o meno noti ("The Forge Of Angels", il ritorno della fascinazione tolkeniana su "The Loxian Gate"). Manca giusto il tipo-canzone "ieratico-latinorum", in sua vece qui abbiamo una semi-strumentale per suore allampanate ("Sancta Maria"), e nel cambio sentiamo di non averci troppo guadagnato.

 

A parte questo elemento, ed il fatto che il disco non si apre con una composizione strumentale, "Dark Sky Island" ha come unica novità il fatto di anteporre il pianoforte in sede di arrangiamento di molte composizioni, regalandogli addirittura 20 secondi di assolo (non uno di più, non uno di meno) sul già citato singolo "Echoes In The Rain", ed il suono in genere ne guadagna in naturalezza e morbidezza. E pur essendo sempre in ambiti sintetici (Enya - alla fin fine - è pur sempre un'artista new age estremamente fedele al silicio come il genere impone), e senza stravolgere un'impronta musicale che conosciamo in ogni minima piega, sarebbe comunque manchevole non rimarcare l'unico elemento che potrebbe contraddistinguere questo disco da un altro a caso scelto dalla discografia della Nostra.

 

Bene, ciò scritto non è consentito né ammissibile mortificare ulteriormente l'opera e l'artista che l'ha firmata (nella sempiterna squadra composta da Roma Ryan alle liriche e Nicky Ryan alla produzione), perché la musica di Enya è e rimane un miracolo più unico che raro nell'industria musicale. E non tanto per il fatto che gli hipster stanno cominciando a rivalutare ora l'artista (insieme a Justin Bieber, il che dovrebbe dirvi molto sulla credibilità dell'intero movimento), quanto per il fatto che l'incantesimo "Enya" è ancora qui: presente, tangibile, pronto ad essere lanciato per l'ennesima volta con rinnovata potenza cavalcando l'onda delle festività imminenti.

 

E' quel senso di conforto dato dall'immobilismo assoluto di un'icona della musica moderna, testarda fino all'inverosimile, tanto quasi da risultare ridicola ad occhi ed orecchie facilmente denigratori. Ed ecco che la chiave per valutare "Dark Sky Island" - così come qualsiasi altro inciso di Enya - non è nel cercare ad ogni costo la sua ragione d'essere in arte, o il suo rapporto col presente del mondo e dell'artista. No, non è negli elementi nuovi che la musica di Enya deve essere soppesata, quanto nella resa emozionale ed atmosferica del lavoro che si sta ascoltando.

 

Spiace quindi più che altro scrivere che "Dark Sky Island", pur non essendo il peggiore disco di Enya (quello rimane "Amarantine"), è comunque abbondantemente inferiore al trittico di capolavori "Watermark", "The Memory Of Trees" e "A Day Without Rain" e - cosa forse ancora più grave - anche del precedente disco natalizio "And Winter Came...".

 

Chissà, forse 4 anni lontani dalla musica hanno distaccato troppo Enya dalla sua musa (3 anni sono abbonati perché - a detta del Trio - minimo necessario per confezionare 40 minuti di musica Enya-style), forse il fatto che stavamo cominciando a dimenticarci di lei per davvero poteva essere un'occasione di autentico rilancio mediante una piccola rivoluzione musicale, e nonostante tutte le ragioni espresse poco sopra non riusciamo a nascondere un minimo di delusione dal mini-cicciolo che non esplode dopo la fiammata.

 

Saranno quelle e mille altre ragioni, fatto sta che "Dark Sky Island" rimane un disco prescindibile per chiunque, meno per chi ha bisogno di quella piccola capanna di serena luminosità che la musica di Enya sa sempre garantire.


Nel bene e nel male.





01. The Humming...
02. So I Could Find My Way
03. Even In the Shadows
04. The Forge Of Angels
05. Echoes In The Rain
06. I Could Never Say Goodbye
07. Dark Sky Island
08. Sancta Maria
09. Astra Et Luna
10. The Loxian Gate
11. Diamonds On The Water

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