Guai a chiamarli hardcore, ma fanno del sano mix fra metal e elettronica il loro punto di forza. I tedeschi Eskimo Callboy tornano alla ribalta con il quarto album in studio, dopo "Crystals" (2015) che li aveva consacrati come realtà del techno-metal, o "porn-metal" come a loro piace definirsi. In realtà la costante "riff+synth" rimane il tratto più identificativo, anche sopra allo scream e ai testi "libertini": "The Scene" si assesta come tipico lavoro degli Eskimo, ma anche come una piccola, pornografica, virata.
Se "Crystals" porta alla ribalta la band per la sua relativa semplicità d'ascolto, con landscape più leggeri e hooks magnetici, "The Scene" provvede a un richiamo verso atmosfere più pesanti, verso un divertimento decisamente più infuriato - ma guai a chiamarli hardcore.
Dalla prima track "Back In The Bizz", quasi di memoria Rage Against The Machine (un po' più incazzati), emerge forse la voglia di coinvolgere ancora di più il lato bestiale del pubblico, fra maestosi muri sonori e scream, deo gratias, intellegibili.
Tredici tracce aggressive ma non solo, pesanti ma non solo, sature ma non solo: troviamo hook con la H fin troppo maiuscola, in brani come "MC Thunder"; qualche piccolo cambio di stile nelle solite tracce da un minuto, come la chicca "X", fra pads, suoni reverse e voci pulite. Splendida introduzione al successivo "New Age" e al suo riff downtuned; decisamente più metal che elettronica qui, con un uso sapiente dei synth, soprattutto dei cari bassi EDM: forse la summa del disco in queste due tracce intermedie. Come in tutti i lavori di questo genere, parlare di un album in generale non lascia altro che un invito all'ascolto, dato che si tratta quasi sempre di una raccolta di brani, non necessariamente legati da concept o da atmosfere troppo simili. Ciò che permette una valutazione omogenea di "The Scene", dunque - a parte l'onnipresente carica - è l'atmosfera generale, "colpa" anche di una produzione particolare.
Batteria abbastanza attufata, chitarre ingombranti, layers su layers e muri sonori forse non sempre voluti, con l'occasionale arpeggiatore a spezzare i ritmi: "The Scene" è un disco potente, divertente, ma anche, a suo modo, pesante.
E se voci con l'Autotune sono una perdonabile costante in tutti i brani metalcore (in realtà, in tutti i brani e basta...), se la presenza dell'elettronica veramente intesa come tale è anche un buon indice di originalità, forse un alleggerimento dal punto di vista arrangiativo o di missaggio avrebbe lucidato quella leggerezza di fondo, per lo meno d'intenti, che a volte risulta un po' affogata.