Death In June
Essence!

2018, New English Recordings
Neofolk

Recensione di Giovanni Ausoni - Pubblicata in data: 30/12/18

Sembrava che ombre esiziali gravassero sulla creatività dei Death In June: un livello medio degli ultimi LP non all'altezza della fama raggiunta durante i lustri, nessun inedito dal 2010, la presenza, nell'universo, di un rimbombo acustico fievole e, allo stesso tempo, assordante. Questa volta, però, Douglas Pearce, personaggio controverso e intelligente, colui che ha attraversato il post punk, la musica sperimentale, la dark ambient, il martial industrial collaborando con illustri firme della controcultura (Albin Julius Martinek, John Murphy, Boyd Rice, David Tibet), va sul sicuro e torna, con "Essence!", al terreno familiare del neofolk. Il songwriter britannico ossequia i classici cliché della propria estetica, riscoprendo, però, le piacevoli vibrazioni della chitarra elettrica, del basso, di un'elettronica minimale: addenda che conferiscono una certa sostanza strumentale a un disco che, concettualmente, guarda a quei capolavori degli anni ‘90 in cui il nostro cesellò, in forma definitiva, i contorni della ballad poetica, inquietante, apocalittica. 
 
 
L'opener "Welcome To Country" rappresenta un ritualistico richiamo alle armi, con profluvi di campane, gong, sirene e un'ugola profonda che scandisce versi carichi di ambiguità: "I would be protected, saved and guided / While others would be harshly, savagely tossed into the void". Risponde l'auto-reverenziale e anagrammatica "God A Pale Curse", una pista che, oltre a ricordare stilisticamente il materiale presente in "The Rule Of Thirds" (2008), si caratterizza come una fantasticheria, disseminata di riferimenti religiosi, sul tormentato periodo londinese del musicista. Ciò che risulta immediatamente percepibile sin dalla prima nota, è il suono più pieno rispetto ai precedenti album registrati nel volontario esilio australiano, con un maggiore utilizzo di sample sia a guisa di giuntura tra i pezzi sia all'interno del singolo brano. Un processo espansivo che continua su "The Trigger", una ballata dolce e melodica, impreziosita da accordi soavi ed elementari clic percussivi. "Not only did I lose you / I lost myself too", elucubra il singer, che ammette, lucidamente, l'impotenza catartica dei simboli: "The crucifix on the wall / Protects not much at all".

 

A seguire, laddove le cadenze stranamente rilassate di "Snipers Of The Maidan" provvedono ad aggiungere accenti macabri e sinistri al platter, la cinematografica e relativamente briosa "Humble Brag" devia dal canone usuale, incorpora influenze spagnole, evoca atmosfere da frontiera, ammicca, alla lontana, ai Crime And City Solution di "Six Bells Chime". Si approda, invece, sulle amate sponde con "Going Dark", vicina ai limpidi arrangiamenti di "But, What Ends When The Symbols Shatter?" (1992); tuttavia l'inclusione di una linea vocale intensa e contemplativa che ripete ossessivamente "Like a fly on the wall at my own funeral I am free", rivela un'accettazione del trapasso e del decadimento mai, forse, tanto convinta. "The Dance of Life-To Shoot A Valkyrie", invece, formata da due sezioni distinte, unisce ottimismo e rovine in un flow oscuro e inebriante.

 

Le tracce finali si traducono in una sorta di rassegnazione di fronte alla marcia inesorabile dei saecula e del destino. Se "No Belief" vive di sixties e intermittenze, "The Pole Star Of Eden" canta di croci e rose di legno, sostenuta da un semplice battito percussivo e ricca di sussurri, archi campionati e rumori fatti decantare qua e là. Al contrario, "What Will Become Of Us?", possiede un groove accattivante: una riuscita combinazione di cordofoni, tastiere e trombe accompagna l'albionico mentre si interroga, novello Serge Gainsbourg, sul valore dell'amore e della lussuria quando i corpi invecchiano, arrugginiscono, si riducono in polvere. La crepuscolare "My Florida Dawn", costruita su pianoforte e synth contorti e minacciosi, e dedicata a un amico morto, chiude il lotto inchiodando l'autore alla sua dolente maschera mimetica.

 

I Death In June, dunque, riannodano i fili del loro passato dopo un black out preoccupante, realizzando un'opera non certo, per ovvie ragioni fisiologiche, straordinaria, ma nella quale Douglas Pearce, pur nel già detto, recupera la vena artistico-esistenziale dei momenti migliori. "Essence!", appunto.

 

 

 

 





01. Welcome To Country
02. God A Pale Curse
03. The Trigger
04. Snipers Of The Maidan
05. The Humble Brag
06. Going Dark
07. The Dance Of Life-To Shoot A Valkyrie
08. No Belief
09. The Pole Star Of Eden
10. What Will Become Of Us?
11. My Florida Dawn

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