Esterina è melodrammaticamente e provocatoriamente una ricetta, una personalità inafferrabile, una storia di coraggio. Insomma, la ricetta del coraggio, contestualizzata negli elementi umani che più ci rendono animali. E' proprio come la fauna selvatica che abita ad alte quote, come un branco di lupi: ci sono, anche se non li hai mai visti, o non li si vede da un bel po' e se li incontri, insieme al brivido di stupore. Un privilegio di timore.
Hanno aperto Neil Young, Chicago e Vasco Rossi. Arrivano ora ad abbattere le porte dei canoni tradizionali di un genere che si muove sotterraneo e sorprendente. La chiave - sì, ne basta una - è la lingua italiana: teatrale ma Pop, accorata ma singolarmente unica, anarchica nel pensiero ma non nella struttura, atea: "Dio ti salvi" nasce da un processo di sottrazione tra la canzone d'autore e il Post Rock: il risultato è un suono per la maggio parte crudo, chitarre affilate a mano e batterie sempre in faccia, assieme ad inaspettate sezioni di fiati. L'elettronica è soave e percorre ogni traccia e le voci lunari e ruvide fanno il resto, aggiungendo la cifra originale al tutto e rendendo pressoché impossibile ricondurlo ad un unico di genere, nel perseguimento di una maestosità rasa al suolo ma abbastanza forte da plasmare dubbi e pensieri. L'idea di Esterina è la realizzazione del suono della bonifica, dove la bonifica è sintesi della sua strada. La musica e le parole come la terra nera strappata all'acqua e alle zanzare.