Europe
Wings Of Tomorrow

1984, Hot Records
Hard Rock

Recensione di Giulio Beneventi - Pubblicata in data: 05/03/15

Se non vi fosse stata la meschina sentenza popolare che li condannava all'identificazione coatta con "The Final Countdown" come la più blasonata tra le one-hit band, di certo gli Europe sarebbero ancora oggi principalmente ricordati per quella commistione tra il più vigoroso hard rock e l'accuratezza trascinante delle linee melodiche e vocali che offriva il precedente "Wings of Tomorrow", il secondogenito, registrato sul finire del 1983 nei celeberrimi Polar Studios di Stoccolma a neanche un anno di distanza dal primo "Europe" e dal successone al Rock SM.


Ahimè, questo album fin troppo spesso è però posto anche da pseudo-critici in secondo piano nella discografia del gruppo scandinavo (per non parlare in generale): immeritatamente perché, nonostante la giovane età dei membri (tutti appena ventenni), si tratta senza dubbio di un lavoro dai punti di forza ben delineati, riconducibili in primis alla qualità nel songwriting straordinariamente matura di Joakim Larsson - ormai conosciuto da tutti come Joey Tempest, in onore della Tempesta shakespeariana - unita alla facilità innaturale di sfornare riff intuitivi di John Norum che, guardando talvolta ai Rainbow o ai Thin Lizzy, talvolta direttamente alle divine cavalcate zeppeliniane, tra soli di chitarra spediti e double bass drums a tutta birra, conferirono alla band il lusso di camminare in bilico tra power metal e rock melodico senza doversi mai sbilanciare da nessuna delle due parti.
La principale conseguenza è una prima facciata del disco in cui trovano posto solo capolavori, manco fosse un greatest hits (non a caso sono tutti spesso eseguiti anche nei live odierni); tra di essi, vi è anche una composizione dei tempi dei Force, scritta insieme al compianto bassista Marcel Jacob: "Black Journey Through My Soul", il cui titolo venne cambiato in "Scream Of Anger", probabilmente riferendosi al suono letteralmente rabbioso della Stratocaster di Norum. Tra "Stormwind" e "Treated Bad Again" - migliore traccia dell'album e non solo, in cui scorre il sangue più denso del serpente bianco - non si può muovere alcuna critica razionale, in quanto il materiale è più che ottimo e di difetti non ve ne è neanche l'ombra. Si può dire altrettanto del Lato B, cucito al precedente dalla splendida "Aphasia" strumentale e composto da pezzi meno famosi al grande pubblico ma non per questo meno riusciti, su tutti "Wasted Time" e "Lyin' Eyes". In generale, sono tutte canzoni di forte impatto, muscolose ma melodiche, legate da un sentimento comune solido ed aggressivo che, a comando, si acquieta per non scalfire i magici momenti da sogno di una notte di mezza estate di "Dreamer" e "Open Your Heart", vette di eleganza che neanche le future "Carrie" o "Coast To Coast" riusciranno a replicare. Unica (e minuscola) pecca immatura di tutto il disco risiede in quei coretti sgraziati in risposta al cantato di Tempest nella sola title-track, avvisaglie della futura contaminazione commerciale.

 

Fa quasi sorridere (e riflettere) poi il confronto con i tempi successivi: per "Wings Of Tomorrow" non venne usato neanche un video promozionale; non venne neanche sbandierata la bellezza statuaria del frontman (che fino a poco tempo prima era, per baffuta causa, inguardabile) né tanto meno la sua capigliatura alla moda, se non inevitabilmente nelle copertine dei singoli. A queste condizioni, la milionata di copie vendute si spiega solo nella qualità dell'album e dei live in posti sempre più grandi e distanti fra loro.

 

Di fatto, furono le ali del domani a far decollare gli Europe definitivamente dalla riva del fiume lungo cui erano soliti stare fino a tarda notte a sognare, lanciandoli dritti filati verso Venere e verso il successo planetario dei singoli multi-platinati targati 1986; furono sempre esse ad assestare il nucleo duro della band, trasformandola in un quintetto nel tour promozionale, con l'introduzione del tastierista degli Universe Mic Michaeli per curare le parti di Joey e la sostituzione di un Tony Reno poco impegnato e sempre più ritardatario con Ian Haugland. Furono ancora esse a dimostrare ampiamente ciò di cui era capace il combo svedese, assicurandoli il nuovo contratto con la Epic Records e il lancio in una categoria più alta del sistema musicale.

 

Per questi motivi storici e per molti altri, "Wings Of Tomorrow" potrebbe essere considerato l'album "centrale" degli Europe. Difficile stabilirlo comunque. Con ogni certezza, è quello più genuino, quello che mette in mostra la sostanza grezza e potente della band senza abbellirla con eccessivi giri di tastiera incantatori: come per dire senza troppe cerimonie "ecco qui, prendere o lasciare". E va bene che viviamo in democrazia e ognuno è libero di fare quello che vuole... ma, credetemi, lasciare qui è proprio senza senso.





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