Il sonno della ragione produce mostri; quello dei Disturbed, anche. Archiviati i Device di David Draiman, l'incubo stavolta è firmato Dan Donegan e Mike Wengren, e ha le inquietanti fattezze di una fiera della retorica rock: la goffaggine con cui "A Life By Design?" tenta di sedurre l'airplay radiofonico, infatti, risulterebbe imbarazzante persino per un manipolo di esordienti assoluti - figuriamoci se a impastare banalità post-grunge e alternative rock alla maniera dei Breaking Benjamin sono le stesse mani da cui, tredici anni fa, è scaturito un disco del calibro di "The Sickness".
Ma quel che è peggio, e che precipita irrimediabilmente i Fight Or Flight nella mediocrità, non è nemmeno il loro disperato desiderio di placare la fame di rock mainstream nel mondo: la vera colpevole di tanto sconforto è la prevedibilità di queste dodici tracce, ligie a una prescrizione - quella di dosare in parti uguali suoni aspri e melodie tenui - elevata a legge dai Nirvana, e caduta insieme a loro. Così, quelle che all'epoca sembravano esplosioni di rabbia incontrollata, violenta e autentica oggi appaiono soltanto frutti di sterili calcoli che, per di più, si spappolano in ritornelli immancabilmente blandi e tediosamente easy, perdendo - con l'unica possibile eccezione di "Leaving" - ogni chance di essere citate, notate o riascoltate; un brano vale l'altro e li compendia tutti, anche a causa di una voce, quella di Dan Chandler degli Evans Blue, spenta, smussata, davvero poco ispirata, incapace di spingersi oltre versi della bassezza di "If it hurts you to see / then keep your eyes closed".
Si salvi chi può, chi vuole, da questo rock smidollato, magari ricorrendo a dosi massicce di Shinedown e affini per fugare ogni sgradevole ricordo residuo e rimuovere il trauma della dissoluzione dei Disturbed; e preghiamo tutti affinché un giorno di questa opera prima si possa dire, con sollievo, che è stata anche l'ultima.