"Buongiorno, mondo che muore!", sembrano dire i francesi Gojira ad ogni loro nuova uscita, quest'ultima ad anni cinque di distanza dal precedente "Magma", che aveva lasciato scontenta una parte dei fan. Sì, perché la crisi climatica planetaria e le sue conseguenze sono ancora una volta al centro del presente "Fortitude". Questa volta possiamo andare sul sicuro: non si tratta di un lavoro che dividerà il pubblico, anzi, ha forse il merito di ricucire in parte il semistrappo del precedente, ma siamo comunque lontani dalle vette esplorate in passato dal quartetto.
La vecchia guardia apprezzerà ad esempio brani di sicuro impatto come l'opener "Born For One Thing", che squaderna immediatamente l'armamentario di stilemi che rende incofondibile il sound di questa band; così "Amazonia", pur se con minor slancio, segue con dignità la prima salva: sono i Gojira che conosciamo ed amiamo. Perplessità, invece, potrebbe sollevare in alcuni il dittico "Fortitude/The Chant", in realtà i due tempi dello stesso brano, l'uno acustico e raccolto e l'altro iracondo ed elettrico; il requiem di un mondo che muore un po' ogni giorno. Ma non sarà che l'incendio della band sia un po' svaporato? Brani come "Another World", che ha aperto trionfante la serie di singoli apripista già nel 2020, sembrano dimostrare il contrario e ancor più "Sphynx" e la rovente "Grind", pezzi in cui la maturità della band gioca con i chiaro scuri e le aperture improvvise. Si potrebbe dire che la furia dei decenni passati abbia assunto negli ultimi anni la forma di un livore screziato di sfumature malinconiche, per cui anche il growling si alterna, più che in passato, a voci filtrate e cori, il che potrebbe non andare a più d'uno. Ma sono dettagli trascurabili: l'album scorre e viene voglia di riascoltarlo ancora, e ancora.
Sembra che i Gojira abbiano tracciato un consuntivo, il minimo comune multiplo del proprio sound e delle diverse suggestioni che lo popolano, a mo' di bilancio provvisorio in tempi di Covid. Covid che ha peraltro ritardato di quasi otto mesi l'uscita del lavoro, che, forse per questo, troviamo partcolarmente ben meditato nella produzione. Insomma, non sarà "The Way Of All Flesh", ma è comunque un lavoro maturo che non sbaglia un passo. Un album da sfogliare come l'incubo del giorno dopo.