Stavamo seriamente rischiando di perdere la giovane promessa del cantautorato europeo Anja Plaschg, e per capire quanto fondo era il baratro basta ascoltare il delirio elettro-etnico “Mawal Jamae”, singolo estemporaneo uscito unicamente in digitale tre anni or sono.
Per Anja, con la creatura Soap&Skin si sono da sempre messe in mostra emozioni viscerali vissute in modo estremo ed intenso, in un modo unico che nel mondo del cantautorato femminile ha pochi eguali; per capire, oltre al caldo invito alla lettura della recensione dell’esordio discografico quando appena maggiorenne (!), cercate di immaginare la Tori Amos di “Boys For Pele”, ma con un carico di gotica disperazione e dannazione inauditamente amplificato. Ecco, ci siete quasi vicini.
Dicevamo, con un’espressività in musica così accentuata ed un’immagine artistica a corredo assolutamente coerente (e basta un suo live per accorgersi della straziante sincerità del “prodotto”), abbiamo perfettamente capito lo scompenso esistenziale che governava una ragazza troppo sensibile, divenuta oltretutto madre in un’età estremamente giovane.
Sono passati ben sei anni dallo scorso “Narrow”, e grazie al potere terapeutico dei numerosi progetti artistici in cui Anja è stata co-protagonista (ricordiamo, tra i tanti, il più significativo: coautrice della colonna sonora del magnificamente denso “Sicilian Ghost Story” di Grassadonia & Piazza, e non a caso uno dei brani più amniotici e terapeutici del disco è quella “In Italy” che è straziante dedica d’amore nei confronti del nostro paese), oggi abbiamo una Soap&Skin matura, adulta e, apparentemente, serena nel riuscire ad affrontare la vita con moderata tranquillità ed equilibrio.
Numerosi sono i fattori di questo “From Gas To Solid / You Are My Friend” che ci portano a tale conclusione. A cominciare dal titolo: la descrizione del processo di sublimazione, quasi a voler suggerire un passaggio dalla “dannazione” alla “santità” senza passare per mezze misure, compromessi che Anja pare naturalmente ripudiare anche nella vita. Secondariamente, la musica.
Oggi Soap&Skin è una creatura mondata dai demoni dell’elettronica, che propone un’opera di morbido chamber pop praticamente privo di sezione ritmica dove il sintetizzatore non è altro che uno strumento paritario agli archi ed agli ottoni, da utilizzare senza alcuna preferenza unicamente come elemento decorativo del panorama sonoro. E nel concedersi in queste nuove morbide atmosfere, non è un caso che il primo pensiero vada verso l’Islanda, basta ascoltare la luminosità del singolo “Heal” animato dai campanelli “Jònsiniani”, o la cover del disco rubata a BjÖrk.
Le solenni e tragiche atmosfere gotiche non sono tuttavia dimenticate, ci sono ad esempio le trame d’organo di “Surrounded”, che esplode vocalmente esattamente come accadeva su “Boat Turns Toward The Port”, ma con un’unica e fondamentale differenza: se sul brano di “Narrow” l’atmosfera era nebbiosa e sottintendeva un’inconsolabile disperazione, il grido di “Sorrounded” è più liberatorio ed arioso.
Allo stesso modo, la camera da gioco grottesca sull’esordio di “Cry Wolf” rivive su “Safe With Me”, ma senza portarci alla mente una cappuccetto rosso dispersa in un bosco innevato e destinata inesorabilmente a finire tra le fauci del lupo.
E’ disco quindi più tranquillo e ragionato “From Solid…”, ma che non dimentica l’emozione e, perché no, un certo senso di innovazione. Come quando su “Falling” troviamo il perfetto incrocio tra i Goblin di Dario Argento e gli M83 di Oblivion (ecco, dunque, che ritornano i riferimenti cinematografici), oppure nell’elegia tutta in latino di “Palindrome”.
Certo, purtroppo non mancano anche qui sterili episodi con fastidioso effetto da “colonna sonora da mostra d’arte contemporanea”, in un certo senso la già citata “Palindrome” potrebbe fare questo effetto in molti ascoltatori. E la resa generale del disco ricorda molto, sia negli intenti che nei risultati, l’ultimo parto discografico di un’altra cantautrice che vive in modo estremamente viscerale e sincero la sua musica, ovvero Susanne SundfØr.
Proprio come per la Norvegia, quindi, anche per l’Austria quest’anno valgono le stesse considerazioni e conclusioni: “From Gas To Solid / You Are My Friend” è disco di spessore, che tuttavia non è destinato a tutti e, per quelli che troveranno l’opera appetibile, non tutti vorranno averci sempre a che fare. Tuttavia, ci saranno momenti in cui sarete estremamente grati di avere questo disco in collezione. Quando sarete soli durante una giornata di pioggia, ad esempio. O quando vorrete avere una voce consolante ed amica in grado di cullarvi e dirvi che non importa quanto possiate sentirvi aereodispersi in un’atmosfera che non pare più la vostra: anche per voi sarà sempre possibile una nuova sublimazione, per tornare ad essere solidi e consistenti in questo mondo.