Un freddo lancinante, quello che brucia i piedi mentre affondano inermi nella neve, mantide impietosa che divora tutte le sue prede rivestendosi della sua apparente calma naturale. Le mani spaccate in cerca di un minimo spiraglio di calore, gli occhi iniettati di disperazione e solitudine che guardano, impietriti, in faccia alla morte. Imponente ed inquietante è l'atmosfera costruita dai texani Frozen Soul nel loro album d'esordio "Crypt Of Ice", pubblicato da Century Media Records: gelidi rimandi a sensazioni di vuoto di fronte ad uno schermo bianco che inghiotte e fa scomparire. Si fa fatica a pensare che l'album in questione non sia stato scritto da band dei paesi artici, ma, bensì, da musicisti che vivono le miti temperature del Texas, ma il risultato, a livello di ambientazione, è assolutamente valido.
Chitarre distorte e massicce a braccetto con una batteria mitragliante: sono questi gli elementi principali del platter, unite al basso preciso di Samantha Mobley ed alla voce oscura e greve di Chad Green. Scordatevi tecnicismi ed eccessive ricercatezze: la proposta del quintetto di Dallas è semplice e diretta, affilata e dannatamente devastante.
L'opener "Crypt Of Ice", così come le brutali "Wraith Of Death", "Arctic Stranglehold" e "Merciless" sprigionano pura violenza sonora, con suoni secchi e senza troppi fronzoli, freddi e cupi come se risuonassero in una grotta spoglia. "Hand Of Vengeance" e "Encased In Ice" si aprono entrambe con un'intro pacata per poi esplodere in riff acuminati. La voce di Chad Green è il fulcro del sound della band, pesante e calda allo stesso momento, morbida e spietata. Gli Obituary e, in primis, i britannici Bolt Thrower risuonano in maniera molto evidente nel pattern musicale dei Frozen Soul, un death metal coinciso e non stiracchiato da sperimentazioni a volte troppo esagerate. "Beat To Dust", "Twist The Knife" e "Faceless Enemy" ne danno la prova con il loro andamento piuttosto canonico e possente, con accelerazioni e rallentamenti, mid tempo macchinosi e rapide sferzate che rimandano agli Slayer di "Seasons In The Abyss", mentre a chiudere il lotto è invece la rocciosa "Gravedigger".
L'inquietudine e la sensazione di straniamento scaturite dall'ascolto di questo album sono tangibili e ciò non può che essere un grosso pregio: i Frozen Soul hanno creato un'ottima atmosfera, generando un riuscito connubio tra musica, testi e ambientazione. Quello che non convince a pieno, però, è una ripetitività piuttosto accentuata, soprattutto verso la fine del disco: i riff, a lungo andare, risultano piuttosto simili, seppur godibili. Manca, inoltre, un'impronta ben marcata della band, ancora troppo ancorata a dei canoni di scrittura già visti, che non fanno affiorare in maniera evidente una proposta musicale originale ed innovativa.
In conclusione, "Crypt Of Ice" è un buon disco d'esordio di una band molto interessante nel panorama death metal odierno. Il margine di miglioramento, non serve nemmeno dirlo, c'è ed è veramente ampio: i Frozen Soul sono molto giovani e tanto talentuosi, troveranno sicuramente il modo di stupirci definitivamente negli anni successivi.