Funeral For A Friend
Conduit

2013, Distiller Records
Postcore

Recensione di Lorenzo Zingaretti - Pubblicata in data: 23/02/13

Ci sono gruppi che nascono, vivono e muoiono suonando sempre lo stesso genere. Ce ne sono altri che cambiano, maturando un'evoluzione coerente durante la carriera. Altri ancora che mutano pelle più volte, finendo per essere classificati come “banderuole” che seguono il vento delle mode musicali. I Funeral For A Friend, quintetto gallese con poco più di dieci anni di carriera, sono una di quelle band che non è mai rimasta ferma su uno stile musicale ben definito. Partiti dall'hardcore melodico del mai abbastanza osannato “Casually Dressed And Deep In Conversation”, hanno prima ammorbidito gradualmente il loro sound per poi tornare sui propri passi e riscoprire l'anima hc degli esordi. E con questo “Conduit”, ultimo parto delle menti di Matthew Davies-Kreye e compagnia, la situazione si fa persino più “pesante”: un dettaglio che ci assicura la buona fede dei nostri, non certo svendutisi ai trend radiofonici del momento.

Le avvisaglie di un ritorno all'hardcore (più precisamente, post-hardcore, vista la vena melodica sempre presente nei brani dei gallesi) si erano già avute con il precedente “Welcome Home Armageddon”, che pur essendo abbastanza vario aveva tra le sue pieghe soluzioni più dirette e “in your face” rispetto al recente passato. “Conduit”, come detto, si spinge ancora più in là, tramutandosi in un disco di breve durata e dritto al sodo. Il fattore brevità diviene importante se si guarda alla struttura dei singoli pezzi, che risultano tutti piuttosto simili tra loro: ecco allora che la mezz'ora scarsa durante la quale “Conduit” snoda le sue undici tracce assume perfettamente senso, evitando di annoiare l'ascoltatore.

La forma-canzone usata dai Funeral For A Friend prevede riff di chiara matrice hardcore nelle strofe, ritornelli dal buon gusto melodico e armonizzazioni di chitarra; da segnalare il lavoro dietro le pelli del neo-entrato Pat Lundy, decisamente a proprio agio nella “nuova” veste dei gallesi. Soltanto “The distance”, secondo singolo estratto dal lotto, tende ad alleggerire la questione, essendo più prettamente melodica delle sue “compagne di viaggio” (allusione anche al testo del pezzo, che parla della vita in tour della band). Altre piccole perle si ritrovano in “Best friends and hospital beds”, non a caso scelta come primo singolo, in “Death comes to us all” e nel suo finale martellante ed emozionale e in “Sun-less”, dotata del ritornello più accattivante del disco.

Detto questo, non è tutto oro quel che luccica: l'eccessiva omogeneità dell'album a volte rappresenta un difetto, perché alcuni brani sembrano fatti davvero con lo stampino. C'è poi un altro dubbio, relativo alla voce del frontman Davies-Kreye, abilissimo nei refrain puliti – come aveva già dimostrato fin dagli esordi – ma non troppo a suo agio nella parte di screamer, dove la sua ugola sembra sforzarsi più del dovuto e rischia di rendere vano lo scopo di appesantire il sound perseguito dal suo gruppo. Al di là di tutto comunque, tra un pizzico di mestiere (che dopo oltre dieci anni inizia a dare i suoi frutti) e l'abilità indiscussa nel comporre ritornelli di sicura presa, “Conduit” merita la promozione: non sarà il disco più riuscito né diventerà quello più longevo della loro carriera, ma i Funeral For A Friend sanno ancora il fatto loro. E non è poco.



01. Spine

02. Conduit

03. The Distance

04. Best Friends and Hospital Beds

05. Nails

06. Death Comes To Us All

07. Travelled

08. Grey

09. Sun-less

10. Elements

11. High Castles 

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