Dalle ceneri della rabbia giovanile e del trucco nero sugli occhi Gerard Way rinasce, come uno dei suoi supereroi , e ritorna con un album alieno dal blazer blu e i capelli rosso fuoco, i ritornelli catchy , le melodie anni ’60 e una spiccata influenza brit pop. Cambia look, cambia sound, cambia pubblico di riferimento, affermando di voler ottenere l’approvazione dei propri coetanei, muta la propria pelle come un serpente per rimanere lo stesso. E infila tutto questo suo nuovo sé in un album sfaccettato, al limite del borderline, elegante come la musica d’altri tempi e la sua giacca blu, incazzato come il ragazzo dai capelli corvini che urlava di non essere okay e ascoltava Iron Maiden e Bowie, pungente, divertente, saggio come l’uomo che ha capito quando fermarsi e che ha saputo ricucire i propri pezzi decidendo di darsi la possibilità di scriversi una nuova colonna sonora.
“Hesitant Alien” vive delle contraddizioni del suo creatore, passando in modo quasi psicotico dalla delicatezza di “Brother” al caos rumoroso e grunge di “Juarez”, dal suond anni '60 di "Millions" ai riff alla Queens Of The Stone Age di “Get the gang together”. Ma è soprattutto il figlio extraterrestre del ricongiungimento di Gerard con quella parte di sé che aveva perso tra un tour mondiale e una pasticca e che in “Action Cat” canta “I missed me too” , mi sono mancato anche io. E’ un album che stupisce e che commuove, che profuma del fresco odore di un nuovo inizio che non ha dimenticato il proprio passato , che si lascia ispirare ma è del tutto autonomo e originale; un disco del colore della sincerità e del talento che, finalmente liberato, esplode come una freccia di Cupido e, questa volta, mira al bersaglio giusto e non fa male.
C’era una volta un uomo che non era più un ragazzo arrabbiato ma un alieno.
C’era una volta un’anima dai capelli rosso fuoco che non si è fermata di fronte alla morte del suo passato ma ha continuato a correre perché era quello che ci aveva insegnato.
Keep running.