Ghost
Prequelle

2018, Spinefarm Records
Rock

Recensione di Isadora Troiano - Pubblicata in data: 01/06/18

Attesissimo e anticipatissimo, vede finalmente la luce "Prequelle", l'ultimo lavoro dei Ghost con tante novità. Un Cardinale, Cardinal Copia, al posto di Papa Emeritus, e un look rinnovato per i Nameless Ghouls: questo è l'assetto con cui Tobias Forge, il mastermind dietro al rinnovato progetto Ghost, si è lanciato verso una nuova era per la band svedese, in cui è lui stesso leader indiscusso e indiscutibile. Del resto l'avevamo predetto con "Ceremony and Devotion", i Ghost hanno chiuso con il proprio passato e questo disco ne è la prova.

 

"Ashes", l'intro della tracklist, è un oscuro canto di vocine infantili in stile film horror, che fa da apripista e traghetta in breve alle atmosfere più frenetiche di "Rats", primo singolo già pubblicato dalla band con relativo video e Cardinal Copia ballerino. La direzione è chiara: i Ghost vogliono uscire ancora di più dalla nicchia, vogliono dilagare nelle orecchie del maggior numero possibile di ascoltatori e per farlo hanno creato un sound più accattivante e pop dei lavori precedenti (anche se il sentore di questo cambiamento era chiaramente percepibile già in "Meliora"). "Rats" ne è esempio perfetto con il suo ritmo incalzante, le chitarre aggressive e il riff portante solido e ben strutturato, ma con anche una melodia che rimane piantata in testa dal primo ascolto.
 
 
Per i fan di vecchia data o per chiunque pensi che il cambiamento dei Ghost non sia troppo estremo, il terzo pezzo "Faith", uno dei migliori dell'intero lavoro, è fonte di speranza. Il massiccio fraseggio d'apertura e la voce spiritata del Cardinale la fanno da padrone, mentre la sezione ritmica aggiunge pesantezza e compattezza al brano. Ma la cesura è evidente: si passa dal coro in falsetto del ritornello alla voce satanica verso nel finale che assicura che il signore degli inferi ci guarderà cadere nell'abisso. Annunciata da un coro angelico da cattedrale gotica e da un accenno di riff all'organo, arriva "See The Light". L'inizio è molto soft e melodico, mentre il ritornello porta con sé linee di chitarra più potenti e distorte e anche qui si nota la commistione tra attitudine heavy, passione sfegatata per la psichedelia anni '70 e innovazione pop. Si passa dunque alla prima delle due strumentali incluse in "Prequelle", un altro classico dei Ghost. "Miasma" è una cavalcata a metà tra i Blue Oyster Cult e il rock cotonato anni '80, con tanto di assolo di tastiera effettatissima e sax, quasi una chicca per nostalgici. Ad un primo ascolto potrebbe risultare poco efficace, ma in realtà si tratta di una canzone molto sfaccettata, con tante idee ben orchestrate che ne impreziosiscono la struttura, merito anche di una produzione certosina, attentissima a far risultare perfetto ogni suono. 
 
 
È il momento dell'altro singolo ufficiale, "Dance Macabre" e qui si inizia a vedere alla luce del sole il mutamento dei Ghost. L'impostazione pop rock, le linee melodiche a metà tra i Kiss periodo smascherato e i Bon Jovi più commerciali, ne fanno un brano estremamente radiofonico, quasi ballabile, leggero e catchy. "Dance Macabre" fa anche da spartiacque nell'album che da qui in poi in poi non recupererà la pesantezza iniziale e navigherà su acque più calme ma non necessariamente meno oscure. Con "Pro Memoria" giunge la prima ballad del disco e l'amore, spesso sbandierato, di Tobias Forge per la musica anni '70 esplode ancora di più nella melodia portante del pezzo, lento e cadenzato, con tanto di base al pianoforte e tocchi di organo qua e là.  La seguente "Witch Image" è forse una delle composizioni che contiene più tracce dei Ghost precedenti, in particolare nella linea ritmica pronunciata, e a questo coniuga elementi che rendono il tutto maggiormente fruibile. Per citare lo stesso Forge/Cardinale nel chorus che parla della "soul you cannot unsell" (la tua anima che hai ormai venduto al diavolo e non puoi più recuperare, ndr.).
 
 
Ci si avvicina al finale e arriva "Helvetesfonster", la seconda traccia strumentale di "Prequelle". Melodie celtiche e flautate si intrecciano in un brano in crescendo, quasi orchestrale, dal sapore nostalgico, che crea un'atmosfera cupa e inquietante per sbirciare attraverso la "finestra dell'inferno" del titolo. Come l'altra pista strumentale, "Helvetesfonster" è una song molto complessa, in cui si lascia molto spazio alla creatività e che può solo erroneamente essere bollato come riempitivo. Il disco si chiude con "Life Eternal", un'altra ballad, se così si può dire, e un altro brano in crescendo, che inizia con solo pianoforte e voce per poi arricchirsi pian piano di basso, batteria, organo e chitarre elettriche. 
 
 
Guardandolo nel complesso, "Prequelle" è un disco coerente e completo, in cui si incontrano sonorità diverse ma che, ad un primo ascolto, non svela tutte le proprie potenzialità. La rinnovata anima dei Ghost si può definire angelicamente diabolica: non ci sono più i cori gregoriani che invocano il Signore Oscuro ma l'atmosfera generale è comunque inquietante, in modo sottile, un po' come i canti infantili di inizio disco, come dei bambini che giocano col Necronomicon. Chi li segue dagli inizi portrebbe, almeno inizialmente, rimanere deluso, mentre chi li ha appena conosciuti verrà irrimediabilmente conquistato. Di certo c'è che i Ghost hanno creato qualcosa che si infilerà nelle vostre playlist e ci rimarrà per molto, molto tempo. "Prequelle" è un'opera che si può anche odiare, ma che è impossibile smettere di ascoltare.




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