Goldfrapp
Tales Of Us

2013, Mute Records
Pop

Così si muore al cinema, e così si muore anche nella musica... Ma la musica dei Goldfrapp è più viva che mai.
Recensione di Nicolò Rizzo - Pubblicata in data: 29/09/13

Siamo all'inizio di "Quarto Potere" di Orson Welles: il plurimilionario Charles Foster Kane, ormai in punto di morte, sta tenendo malinconicamente tra le mani un palla con all'interno un paesaggio innevato, quando pronuncia la sua ultima e fatidica parola, "Rosabella". Avete presente la scena? Mi auguro di sì, perché il nuovo album dei Goldfrapp non potrebbe avere un'ambientazione migliore di questa: una solitaria casetta innevata all'interno di una sfera di vetro soppesata tra le mani di un uomo morente, a un passo dall'andare in frantumi.

A tre anni di distanza da "Headfirst", i Goldfrapp tornano con un album difficilmente prevedibile: imperniatoda un'atmosfera cupa e malinconica, "Tales of Us" sembra lontano anni luce dal successo interplanetario di "Rocket". La cosa che lascia sorpresi al primo ascolto (e non soffermativi al primo) è la marginalità della componente elettronica, eccetto in alucni pezzi come "Thea", uniche eccezioni i un disco dove chitarra acustica, piano e archi la fanno da padrona. Quasi una sorta di moderna "Antologia di Spoon River" trasportata in chiave pop, in "Tales of Us" ogni canzone è un personaggio, e ogni personaggio ha la sua storia, raccontata in maniera onirica dalla voce suadente di Alison Golfrapp, che qui si ritrova a svolgere il ruolo di narratrice di queste vicende. Sono racconti fatti prevalentemente di simboli, in cui i paesaggi invernali, il vento, la neve e il freddo fanno da filo conduttore alle varie storie. E' un'aria malinconica quella che si respira all'interno del disco: si va dai sogni di un bambino dalla dubbia sessualità nel singolo "Annabel", a un soldato che perde l'amata in "Clay", per passare da un'attrice inseguita da un killer in "Laurel". Sono tutte storie cupe, dove la sfera sentimentale è assoluta protagonista: ogni personaggio sta soppesando la propria palla di vetro sul letto di morte, poco prima di lasciarla cadere in frantumi esalando l'ultimo respiro. Così si muore al cinema, e così si muore anche nella musica.

Con un parziale ritorno alle origini morriconiane di "Felt Mountain", i Goldfrapp lasciano da parte l'elettronica in un album splendido e ispirato, un capitolo meraviglioso che non ha (e che probabilmente non avrà) eguali nella discografia della band: la storia ormai è narrata, e la palla di vetro è andata in frantumi, consegnandoci il suo splendido contenuto. Fare un altro album simile, sarebbe come tentare di riattaccarne i pezzi con la colla: meglio non rovinare qualcosa di meraviglioso tentandone una pallida imitazione.



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