Come da tradizione, i TEN affidano l'incarico di introdurre il disco a un'affascinante figura femminile. Dalle fiere eroine di chiaro stampo fantasy, alla piratessa che campeggia sulla copertina del loro dodicesimo, e più recente, album di inediti "Isla De Muerta" (2015), passando per le più classiche amazzoni o donzelle in distress, stavolta è il turno di un'incantatrice figlia della fantasia di Stan W. Decker. Volendosi lasciare irretire dallo sguardo magnetico del soggetto in questione, elemento catalizzatore del presente artwok, il primo assaggio della nuova pozione made in TEN viene offerto dall'apprezzabile mini-suite "Grail", personalmente uno dei tre brani più convincenti dell'intero lotto. Se la successiva "Jackyll And Hyde" infatti è la quintessenza del catchy, è però con l'immediatezza radiofonica di "Travellers" che il terzo album con l'attuale line-up dimostra quanto i TEN abbiano in effetti ancora da offrire ai loro fan.
Interessante innovazione, naturalmente anticipata dal titolo, è la vena dark che permea l'intero disco che, in alcuni frangenti si spinge fino a sfiorare riff che ricordano atmosfere alla Black Sabbath. Definito dallo stesso Hughes "un tantino più sinistro", non c'è ragione di farsi spaventare: i TEN sono e restano paladini di un genere a cui stavolta è concessa anche una leggera deriva vampiresca ("La Luna Dra-Cu-La"). Abbondante e positiva presenza delle chitarre a centrare comunque l'obbiettivo, nonostante le tenebre evocate dall'incantatrice.
Menzione speciale per l'evocativa "Paragon", dedicata a quell'unica musa in grado di diradare la tenebra e ammorbidirne la morsa, con tanto di rimando lirico alla bellissima "We Rule The Night" inclusa nello "Spellbound" del 1999.
In generale, "Gothica" è un lavoro basato sulla classica matrice TEN, un ritorno a quanto proposto nei primi anni 2000, ovvero ai margini della fase compositiva degna di nota della band britannica. Sebbene l'album vanti un livello di registrazione e mixaggio molto buono, anche grazie al contributo di Dennis Ward, in alcuni degli episodi della tracklist, è ahimé inevitabile notare una strisciante mancanza di originalità, pecca già riscontrata anche nel precedente "Stormwarning", si pensi alla centrale "In My Dreams" o alla ballad conclusiva "Into Darkness", che penalizza un lavoro altrimenti encomiabile e di certo meglio riuscito di quanto proposto dalla band mancuniana negli ultimi anni.