Parlare di Green Day accostandoli a termini di novità potrebbe sembrare improbabile, ma questo "Father Of All..." lascia poca scelta. La band capitanata dall'icona del punk rock Billie Joe Armstrong ha cambiato pelle, è quasi irriconoscibile rispetto agli ultimi album in studio, soprattutto per chi se li ricorda come quelli di "American Idiot". E forse è proprio questo il punto da cui partire: dopo aver segnato il rock del primo decennio degli anni 2000 con due lavori iconici, i nostri si sono persi pericolosamente negli anni successivi con la trilogia "Uno", "Dos" e "Trés", per poi riprendere vigorosamente la bussola in mano con "Revolution Radio" nel 2016, facendo ricredere anche i più scettici. Il taglio col passato allora risulta inevitabile: nuovo decennio, nuovi Green Day (o quasi).

"Father Of All..." corre e non poco, ma non inciampa, sperimenta il giusto, ma senza esagerare. Ai 9 minuti di "Jesus Of Suburbia", i Green Day di oggi contrappongono canzoni che durano poco più di 90 secondi: non una mancanza di ispirazione, ma una scelta stilistica. Il tentativo è da ammirare, il prodotto è di qualità, ma in questi 26 minuti forse manca quel qualcosa che renda il tutto veramente memorabile. In ogni caso, non possiamo che considerarlo il ritratto dei Green Day del nuovo decennio.