"I will be waiting
With a song in my soul"
Sono passati quasi 3 anni dalla scomparsa di Chester Bennington, celeberrimo frontman dei Linkin Park e dei Dead By Sunrise. Poco prima di togliersi la vita, Chester aveva riunito il gruppo di quando era adolescente, i Grey Daze, per riscrivere e modificare alcune delle loro canzoni. Il progetto era stato sospeso a causa della morte del cantante, ma è stato comunque portato a termine grazie alla decisione di Sean Dowdell, storico batterista della band nonché uno dei migliori amici di Bennington. Dowdell ha richiamato i restanti membri del gruppo, alcuni colleghi e amici di Chester (James "Munky" Shaffer e Brian "Head" Welch, chitarristi dei Korn, Dave Navarro dei Jane's Addiction e altri ancora) e infine Jaime Bennington, figlio maggiore del frontman, per finire il lavoro iniziato anni fa e creare un disco di 11 tracce dal titolo "Amends".
La direzione presa dai Grey Daze per "Amends" è ora quella di un alternative rock orecchiabile e fresco, che attinge a piene mani dalle sonorità pop contemporanee, ma che comunque non disdegna soluzioni più aggressive, in alcuni casi tendenti al metal (gli esempi più lampanti sono il bridge di "The Syndrome" e i muri di chitarre di "She Shines"). La vera e propria punta di diamante del lotto, però, è rappresentata da una produzione curata in ogni minimo dettaglio e che ha saputo creare suoni davvero suggestivi e dalla voce di Chester Bennington, che ha il merito non solo di adattarsi ai vari generi presenti nel disco, ma anche di garantire intensità e solidità. Potente e aggressivo in "Just Like Heroin" e nella già citata "She Shines", estremamente delicato in "In Time" e "Soul Song", mentre in "B12" estrae dal cilindro strofe a metà strada tra rap e R&B, donando ulteriore varietà a un disco che già di per sé è tutto fuorché ripetitivo: Chester Bennington si conferma il mattatore assoluto di "Amends" e i suoi compagni confezionano basi che esaltano e accompagnano con maestria la voce del leader.
Già dall'opener "Sickness" è possibile notare come i tecnicismi e le complicazioni siano ridotte all'osso: l'obiettivo della band pare sia quello di creare basi ricche di strumenti e suoni, ma senza strafare dal punto di vista tecnico. Questo non implica in alcun modo l'assenza di canzoni di alta qualità: al contrario, su tutte spicca "Morei Sky", brano dal quale prende il titolo l'album ("If I had a second chance I'd make amends"); pur durando una manciata di minuti, "Morei Sky" riesce a contenere una commistione di generi sbalorditiva, per di più viene ulteriormente impreziosita da una prestazione vocale a dir poco emozionante: un brano che trasuda dolore, rabbia e la volontà di voltare pagina in maniera sempre più intensa, fino ad esplodere nel finale.
"Amends" si conclude con "Shouting Out", una canzone leggermente più scarica e meno efficace se confrontata alle precedenti, caratterizzata da sonorità prettamente pop e diametralmente opposta rispetto alle iniziali "Sometimes" e "What's In The Eye": quest'ultime, d'altro canto, richiamano fortemente le origini hard rock e grunge dei Grey Daze tramite un'interpretazione più moderna di questi generi.
Se l'obiettivo dei membri attuali della band è quello di rendere omaggio a Chester, quest'ultimo chiede, a sua volta, semplicemente di avere una seconda chance per fare ammenda e ritrovare sé stesso. Purtroppo, però, come ormai è ben noto, non c'è stato alcun lieto fine alla sua storia. Anche se forse è proprio da questo punto che emerge la vera natura dell'album: gli amici e i colleghi del frontman hanno pubblicato "Amends" per far sentire al mondo intero le parole che Chester avrebbe voluto comunicare, per renderci partecipi dei suoi pensieri e di come lui vedeva il mondo, per fargli esprimere concretamente il desiderio di ritrovare sé stesso: in sintesi, per permettere a Chester Bennington di chiedere ammenda per davvero. Una scelta davvero nobile quella dei Grey Daze, e il prodotto finale lo è altrettanto.