Il catalogo della Ván Records è noto per includere band (Verdunkeln su tutte) che non seguono i canonici percorsi battuti dal mondo musicale estremo: una messe di gruppi unici e stimolanti a cui si aggiungono, ora, gli Haxandraok, duo greco-polacco all'esordio sulla lunga distanza. Certo, già il moniker scelto dalla coppia appare di difficile pronuncia, ma il titolo stregonesco dell'album, "Ki Si Kil Ud Da Kar Ra", può competere addirittura alla grande con gli scioglilingua meno amichevoli dell'universo. D'altronde, quando si affrontano tematiche connesse alle tradizioni occulto-misteriche di matrice draconiana, il prezzo da pagare, in termini di oscurità generalizzata, risulta inevitabile.
Nonostante non emerga nulla di veramente nuovo sotto il sole cupo del blackened death più rituale e atmosferico, con Melechesh, Schammasch e sprazzi di Dark Buddha Rising a fungere da mesmerici catalizzatori, Chris Argyros e Marcello Szumowski (Besatt, Devathorn, Inferno), riescono a imbastire una trama sonora decisamente coinvolgente. Arrangiamenti e melodie vengono contrassegnati da suggestivi tratti etnici di sapore mediorientale che, se diventano i soli protagonisti del lungo mantra tribale posto in chiusura del disco ("La Sourciere Rouge"), pervadono comunque l'intero lotto. Il ritmo, pur intercalato da grezze sezioni in tremolo e invasati blastbeat da cantina, si attesta sul mid-tempo ("The Temptress Of Ud Da Kar Ra", "Lilith Unbound"), mentre altrove le cadenze rallentano ulteriormente, lasciando affiorare lugubri recitativi e residui di mortifero dark ambient ("Ba'al Zel Bul At the Gates Of Nox", "Tower Sub Rosa"): un clima adatto alle cerimonie in onore del Serpente Cosmico raffigurato sulla cover.
Occorre pazienza per assorbire in toto "Ki Si Kil Ud Da Kar Ra" e il suo messaggio: gli Haxandraok, da iniziati al Verbo, si incaricano di decifrarne il contenuto, recandolo in dono agli ignari ascoltatori. Il Sentiero sinistro non concede, però, facili ingressi.