Aspettare magari un altro anno però, in realtà, non avrebbe fatto altro che giovare a questo "Deliverance": se da un lato il disco è bello potente e d'impatto, sostenuto da vocals ben piazzate e ispirati, dal punto di vista musicale suona di già sentito. Ha dei momenti in cui traspare uno spiraglio di novità, qualcosa di poco sperimentato nell'ambito del genere (come la prima metà "Skeletal II - Arise", brano che parte in sordina, malinconico e triste, per poi ingranare improvvisamente la marcia, accelerando a più non posso) ma non sono sicuramente questi brevi e fatui lampi di genio a sollevare l'album dalla spiazzante mediocrità che a dire il vero, troppo spesso, caratterizza un intero genere di cui ormai il mercato è saturo.
A partire dal titolo dell'album, inflazionato tanto quanto il tatuaggio dell'infinito sull'interno del polso, fino ai riff, sa tutto di già ascoltato, di già visto dal vivo, tanto che il riff iniziale dell'opener, "Anti-Life", somiglia in maniera impressionante al riff di "We Will Rise" degli Arch Enemy.
C'è poi un fatto strano che non si spiega: ci sono ben due brani divisi in due, parte 1 e parte 2, ovvero "Skeletal" e "Turmoil"; solitamente quando si "spezza" in più parti un brano, c'è un filo conduttore che porta avanti la canzone, un tema, un riff, insomma qualcosa! Ecco, in entrambi i casi non c'è nulla che permetta all'orecchio dell'ascoltatore di connettere le due metà che compongono le tracce, tranne forse, nella seconda, un rumore di fondo, una piccola eco che ricorda quasi una sirena d'allarme.
Concludendo, "Deliverance" è un disco che non porta nulla di nuovo, ma è solido, ben congegnato e bilanciato, non eccessivamente breve come spesso accade con i dischi metalcore ma neanche terribilmente lungo, tanto da rendere l'ascolto eccessivamente complesso. Semplicemente una volta ascoltato non si ha la voglia di ripetere l'esperienza.