How To Destroy Angels
Welcome Oblivion

2013, Columbia
Elettronica

Recensione di Riccardo Coppola - Pubblicata in data: 28/02/13

Trent Reznor è indubbiamente una figura fondamentale del rock degli ultimi vent’anni. Da giovanissimo prodigio del pianoforte, Trent finisce presto per sostituire l’avorio con la plastica, chinandosi sui tasti dei sintetizzatori e diventando un acclamato genio dell’industrial, riuscendo nella pionieristica impresa di insinuare un’inedita sensibilità tra stridii meccanici e chitarrone pesanti. Personalità complicata e problematica quella del musicista statunitense, da moderno e cibernetico poèt maudit: è essa stessa fonte d’ispirazione per la cruda e autolesionistica storia di Mr Self Destruct, raccontata nel capolavoro indiscusso “The Downward Spiral”, pubblicato con i Nine Inch Nails. E’ subito un successo enorme con la nascita di una sconfinata fan base, disposta a perdonargli attese enormi per i successivi capitoli della discografia, mai rivelatisi all’altezza degli sfolgoranti esordi. Con la maturità, Reznor comincia a dedicarsi a progetti diversi: un impegno sempre maggiore nella composizione di colonne sonore, e per ultima la creazione degli How To Destroy Angels, insieme alla moglie Mariqueen Maandig e ai fedelissimi collaboratori Atticus Ross e Rob Sheridan.
 
"Welcome Oblivion" è il primo full lenght pubblicato dalla nascita del quartetto, e segue l’EP eponimo pubblicato nel 2010 e "An Omen_", uscito lo scorso anno, dal quale preleva quattro tracce. Se l’EP d’esordio era ancora fortemente legato a quanto fatto dai NIN, il successivo e l'album se ne discostano con decisione, prendendo piuttosto parecchi spunti da quanto fatto da Reznor come autore di soundtrack. Il canovaccio, sicuramente non di facilissima assimilazione, prevede sonorità liquide, appiccicose, a tinte quasi esclusivamente elettroniche, che esce del tutto fuori dagli ambiti di competenza del rock. L’unico pezzo ad aderire ad una forma canzone classica è il fuorviante singolo “How Long?”: un sound smaccatamente pop, easy-listening, con vocals pulite e ammiccanti a opera della Maandig. Le caratteristiche delle restanti tracce sono completamente differenti, con le voci dei coniugi Reznor che si fondono insieme, formando linee vocali effettate e spezzettate, fatte ora di atoni sussurri, adesso di stridenti acuti, dispiegate su loop di synth disturbati e rumorosi, con qua e là qualche pennellata più larga di tastiera ad abbozzare foschi contorni di paesaggi post-apocalittici, o qualche sporadico, sferragliante vagito di chitarre filtratissime, qualche solitaria nota di piano.
 
Il lavoro degli How To Destroy Angels è angosciante, estenuante: richiede una dedizione estrema per l’ascolto. Un disco che contiene atmosfere che riescono in parecchi casi a coinvolgere ed emozionare, con la loro inquietante ombrosità. La prima metà del disco, infatti, pur inciampando in momenti fuori luogo come l’incomprensibile e malriuscita deriva folk di “Ice Age”, viene tenuta a galla da momenti d'indiscutibile efficacia: la cinematografica “And The Sky Began To Scream”, minacciosa come il titolo promette, le vocals graffianti della riuscita title track, le frasi smozzicate sparse sui synth balzellanti dell’introduttiva “The Wake-Up”. A partire da “We Fade Away”, però, si ha un vero e proprio crollo verticale, e l’album si perde nelle lungaggini di quattro tracce ripetitive, noiose, vuote: più di venti minuti di materiale che palesano una clamorosa assenza d’ispirazione. E anche le vocals della Maandig si scoprono presto troppo piatte e prive di colore: è impietoso il paragone, che sorge spontaneo, con la strepitosa prestazione, fatta di urla e spasmi orgasmici, che Klaren O (degli Yeah Yeah Yeahs) aveva sfoderato nella cover di “Immigrant Song” realizzata da Reznor e Ross per The Girl With The Dragon Tattoo.
 
Un album estremamente altalenante, quindi, che pur essendo egregiamente prodotto e risultando deliziosamente ansiogeno in molti passaggi, presenta cali di qualità inaccettabili, che non gli permettono di elevarsi al di sopra di una risicata sufficienza. Il potenziale della band poteva e doveva essere sfruttato molto meglio: allo stato attuale dei fatti gli How To Destroy Angels non hanno le carte in regola per essere qualcosa di più di un semplice riempitivo, per i fan, delle lunghissime attese tra un disco e l’altro dei Nine Inch Nails.




01. The Wake-Up

02. Keep It Together

03. And The Sky Began To Scream

04. Welcome Oblivion

05. Ice Age

06. On The Wing

07. Too Late, All Gone

08. How Long?

09. Strings And Attractors

10. We Fade Away

11. Recursive Self-Improvement

12. The Loop Closes

13. Hallowed Ground 

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