Inizia un nuovo giorno. Il Pop esce di casa, leggero, vivace, sorridente, positivo e consapevole. Dall’altra parte della strada c’è il Garage, un po’ dismesso ed affaticato dalla nottata, che alza la serranda, appoggia le bottiglie a lato del marciapiede e si incammina. Verso dove non si sa. I due generi si incontrano per strada e, salutandosi, si abbracciano. Anzi, si avvolgono, e dalle casse appese ai lampioni parte “L'Uomo che Avvolge i Sogni”.
È questo lo spirito di “Revolution”, che di rivoluzionario stilisticamente ed emotivamente ha gran poco, ma che accoglie quasi tutta la storia della musica al suo interno e che nella sua difficile forma acustica sprigiona simpatia: nel soft Rock de i Valium, otturato da un filtro vintage discutibile, ci sono i riff del primo Hard, soffocato dai giri del Punk più dinamico – la cui anima muore volutamente nelle parole di “Io sono un Punk” – il tutto contorniato da un atteggiamento cantautorale tipicamente italiano, che è la vera scintilla che anima il senso del disco. Un altro punto molto positivo è la grande variabilità espressa in ogni brano, con cambi di ritmo e basi di chitarra che spaziano dagli anni ‘60 al turbinio del nostro tempo. I testi sono dirette invettive che descrivono la realtà in modo spavaldo e talvolta malinconico, senza annunci di soluzioni future ma con l’occhio ben fisso sul presente contaminato dal passato.
Un calendario fittissimo di date nel meridione supporta “Revolution”, seconda pubblicazione a due anni di distanza da “La Maledizione sta per Arrivare”: il disco suona live, ed è forse questa l’ideale dimensione della band. Coraggiosi e coscienti, i Valium, promossi con l’auspicio di poterli assaporare dal vivo, anche se la spessa velatura vintage che ricopre tutto l’album è da rivedere in vista del grande passo.