Ignazio Di Salvo
A Gift To The World

2015, Autoproduzione
Rock

Recensione di Valerio Cesarini - Pubblicata in data: 11/02/15

Quante volte abbiamo letto dei fantastici talenti italiani? E quante volte abbiamo letto altresì della cattiveria di questo Paese, che pur disponendone, non garantisce a tali artisti il riconoscimento e le opportunità che meritano. La verità è che gli "straordinari talenti" vanno presi con le pinze, indossando i guanti e con i piedi di piombo (chiedo scusa ma ho finito i detti popolari). Un "talento" non è la macchina esecutrice, nè il "compositore" capace di mischiare note già sentite ovunque e far sembrare il prodotto finale inedito per un pelo; un talento è chi crea musica, chi le note, in qualsiasi genere, le scolpisce come argilla. E sono davvero pochi. E Ignazio Di Salvo lo è.


Trattasi di un chitarrista, ruolo che ancor più degli altri deve faticare per uscire dall'etichetta della moda, alla sua prima esperienza discografica: Di Salvo sforna otto tracce strumentali guitar oriented, di un prog/hard rock molto contaminato e "addolcito" da quello spirito melodico che - quello sì, noi italiani abbiamo da vendere. La prima influenza che queste parole fanno pensare è Marco Sfogli, probabilmente il "picco" per la chitarra italiana; e in verità Sfogli si sente in quest'album, ma più come approccio che a livello di sostanza. Diverse le canzoni già pubblicate, partendo da "The Rule Of Serendipity" e "A Night Of Change", che costituiscono un po' il biglietto da visita di questo artista. Si noti che Ignazio Di Salvo va apprezzato non solo con le orecchie ma con gli occhi: è uno di quei chitarristi che è una gioia guardar suonare, soprattutto per un modo personalissimo di alternare plettrata e tapping melodico a 8 dita - addirittura, con Essetipicks, Ignazio ha sviluppato un plettro "legato" al proprio pollice.


E dunque, questa premessa è tutto dire: imbracciata la sua GNG, Di Salvo ci accompagna in un piccolo viaggio fra sonorità d'oltreoceano, piuttosto classiche a livello di genere, ma interpretate con classe, studio, e soprattutto senza ruffianeria alcuna. L'opener, "A Dramatic Chess Game", dopo un'inizio dove il chitarrista sembra presentarsi con tanto di inchino, si sviluppa su territori pesanti e incalzanti, con synth roboanti e power chords che più che allietare l'ascoltatore, lo spettinano letteralmente. Interessanti i cambi di accordi, approccio più prog che emergerà in seguito, e le run in tapping, fluidissime.  Il lato più dolce di Di Salvo si presenta con la seconda canzone, la già menzionata "A Night Of Change", che condivide il ruolo di "emotive ballad" con brani come "Endless Wind": sonorità atmosferiche e in un certo senso ottantiane, chitarra che canta e melodie apprezzabilmente intellegibili. Ci si destreggia dunque fra brani spiccatamente prog metal, dove l'influenza principale sono prepotentemente i Dream Theater, sia per questioni armoniche che tematiche ("Signs Of Time", "The Rule Of Serendipity") e la scuola chitarristica italiana; e momenti più soft e raffinati, che trovano il picco nelle due tracce forse più ben costruite dell'album.
La titletrack, infatti, è l'unico brano in acustico dell'album, dove le corde, normalmente finissime IQS per "correre" sulla tastiera, si ingrossano con tutto ciò che stilisticamente questo comporta...Ed è anche emblema di una caratteristica quantomai importante per un musicista del giorno d'oggi: l'intelligenza per le strutture. La disposizione in funzione del carattere delle otto canzoni dell'album, difatti, meriterebbe una lezione dedicata: l'ascolto è variato; la canzone per spezzare è posta al punto giusto; l'opener funge da opener e la chiusura è allo stesso modo efficace. Così come "A Dramatic Chess Game" funziona egregiamente per veicolare quella scarica che apre l'ascolto, "Conflict" risulta (oltre che un gran pezzo) il perfetto finale. Ballad decisamente lenta, fra il malinconico e quel sentore di speranza angelica (quante volte l'ho detto: una chiusura DEVE essere così!), e toni anche jazzati: leviga l'orecchio come velluto, colpisce lo stomaco e finisce con un pugno di rock dopo un climax molto ben strutturato. Il tipico, caro sapore di quando finisce un disco che dura sempre troppo poco.


A questo punto ci si potrebbe chiedere per quale motivo, in svariati punti della recensione, chi scrive abbia tenuto toni più addolciti del solito. La risposta è insita nell'onestà del disco e di chi lo ha scritto: nessuno si è aspettato il nuovo Dark Side Of The Moon, nè l'artista lo ha preteso; e si tenga sempre ben presente il genere in cui si colloca quest'album. Parliamoci chiaro: solo un musicista avrebbe le intenzioni per ascoltarlo per intero, eppure ogni canzone funziona anche da sola, rendendo anche un genere più "dedicato" come lo strumentale chitarristico, apprezzabile a quaslasi orecchio - complice uno spiccato senso melodico. Come vale per molti altri album, this is it: un lavoro da apprezzare per quello che è, senza accollargli oneri e pretese che decisamente non gli competono. Un bel regalino italiano senza punti morti, suonato e composto egregiamente ed allo stesso livello strutturato (compare un Alex Argento alle tastiere).


A livello di pancia, come dichiarato dall'artista con un titolo come "A Gift To The World", un regalo al mondo, la dichiarazione (precoce?) artistica di chi fa musica per amore e contro ogni apparenza mediatica ed estetica. Sinceramente: un disco senza macchia, di un ottimismo quasi etereo.





01. Dramatic Chess Game
02. A Night of Change
03. Signs of Time
04. The Rule of Serendipity
05. A Gift to the World
06. Flow Experience
07. Endless Wind
08. Conflict

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