Tarja
In The Raw

2019, earMUSIC
Symphonic Metal - Metal

Un suono nudo e crudo, che racchiude tutta la forza e la poeticità di una Turunen forse al vertice della sua carriera solista, forse finalmente libera dal fantasma dei Nightwish.
Recensione di Lucia Bartolozzi - Pubblicata in data: 30/08/19


È col suo nono album da solista che Tarja riesce a fare interamente suo un sound più duro, più crudo e più personale. L’album non volta certamente le spalle a quella che è la sua formazione lirica e improntata verso il symphonic, ma si focalizza maggiormente su una base propriamente metal per le canzoni, incentrata su basso, chitarra e batteria piuttosto che sul piano. La cantante ha voluto fortemente questo cambiamento nel suo ultimo lavoro per esprimere i propri pensieri più nudi, trasformandoli dal loro stato iniziale in musica, e questo si capisce bene già dai primi due pezzi e dal modo in cui sfrutta il tono delle chitarre.

 

 

Ad aprire è “Dead Promises” che, rispetto alla versione uscita come primo singolo, vede una collaborazione con Björn “Speed” Strid dei Soilwork come ulteriore appoggio alla voce potente di Tarja. Il pezzo non stupisce ma è sicuramente una buona apertura, con un lavoro decisamente apprezzabile di Strid, sia nel chorus pulito che con i suoi scream al servizio della soprano. La seconda collaborazione è con Cristina Scabbia per il pezzo “Goodbye Stranger”: ottimo risultato per le due cantanti, in cui la Scabbia non viene offuscata, su una base di accordi in drop che si apre nel chorus per dare spazio al cantato.
Seguono tre pezzi che sembrano essere più catchy, primo di tutti “Tears In Rain” che ricalca col proprio coretto il famoso motivato di “Twist And Shout”, o se preferite “Let’s Dance” di Bowie. “Railroads”, ispirata dal romanzo "Aleph" di Paulo Coelho, è un pezzo per cui Tarja aveva scritto il testo molto tempo prima, ispirata dal viaggio lungo la Transiberiana descritto nel libro. Forse l’attesa è stata la chiave per far sì che il pezzo potesse avere il giusto trasporto, la stessa sensazione di un viaggio malinconico ma sulle note della voce e degli archi. La parte forse più improntata sull’emotività segue con la ballata “You And I”, per la quale Tarja sceglie l’accompagnamento tanto caro del piano e di delicati archi, in quella che lei definisce un’ode alla bellezza della vita, dedicata ai propri cari; un brano di facile presa.
“The Golden Chamber” si mostra più sperimentale, quasi ambient e arricchita nella prima parte da vocalizzi, poi da versi nella lingua madre dell’artista, uniti ad una parte elettronica, in una specie di piccola suite in tre parti che deve molto all’amore di Tarja per le colonne sonore.
La sirena finlandese ricorda con un canto cupo le vittime dell’ARA San Juan in “Spirits Of The Sea”, in profondo contrasto con l’armonia del pezzo precedente; un ritmo disturbante, che cerca di richiamare l’atmosfera di un mare in tempesta dal quale non si può risalire. L’album invece può farlo, così il tono cambia ancora con “Silent Masquerade”, aprendosi col piano e con un parlato che cita "Il Mercante Di Venezia" di Shakespeare. All’entrata della chitarra segue, all’unisono con quella di Tarja, la voce di Tommy Karevik (Kamelot, Seventh Wonder), terza collaborazione sull’album. I due artisti si cimentano in un dialogo armonico, ma ognuno dei due pare voler spiccare fuori quando il tono si fa più scuro, rendendo l’idea di asfissia di quella silenziosa farsa.
“Serene” mostra tutta la grinta di Tarja anche nel privato, parlando della sua esperienza come madre. Batteria e chitarra sembrano molto pesanti e in generale il pezzo non porta molti nuovi elementi in tavola, seppur senza fallire. “Shadow Play” torna sul symphonic e su un tono più epico. La cantante desiderava chiudere in bellezza, con qualcosa di solenne e teatrale, raccontando la vita sul palco o forse più semplicemente la vita in generale, attraverso una marionetta, la cui voce si divide fra la dolcezza del piano e i riff più duri della chitarra.


Questo volersi mettere a nudo da parte dell’artista e la ormai lunga collaborazione con la propria band e con il produttore Tim Palmer, hanno dato forse finora il miglior risultato per una Turunen che si discosta dal passato Nightwish sempre di più, rivendicando la propria indipendenza, trasformandosi dalla propria forma grezza.





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