In This Moment
Black Widow

2014, Atlantic Records
Metalcore

Il ritratto di una donna avvenente nella sua forte fragilita’ urlata e sussurata in musica

Recensione di Alessio Sagheddu - Pubblicata in data: 20/11/14

Si ringrazia Antonella Lucarelli per la collaborazione

 

Una recensione è come un’impresa da portare a termine. Scegliere il modo più semplice, una facile apparenza, significa in fin dei conti toglierle la linfa vitale, quell’intervento chirurgico/musicale che smembra, pezzo dopo pezzo, tutte le parti del lavoro di un artista. A questo giro, il nostro incarico si complica, a non agevolarlo è proprio il nuovo lavoro degli In This Moment, “Black Widow”, che nella figura di Maria Brink lascia ben nascosti alcuni tranelli ancor prima di arrivare all’ascolto. Di che tipo di tranelli parliamo? Se lasciassimo scorrere le nostre parole su foglio come un fiume in piena, il risultato sarebbe tutt’altro che simile ad un senso critico, a nostro svantaggio, infatti, il tutto prenderebbe una piega carnale e primitiva, disseminata di allusioni volgari, burattino, insomma, dell’atteggiamento procace, vocale e visivo, della singer americana.

 

L’unico modo per scrivere una sorta di verità, è evitare tutto quel che è visivo, (sì, anche il pessimo artwork); eliminato quindi questo punto di forza sarà necessario capire se veramente la musica della band californiana racchiude ancora qualcosa. Le trame conturbanti ma buone del precedente “Blood” ci avevano sviato e con la stessa modalità, “Black Widow”, promette fin da ora uno stesso modus operandi. La musica si tinge di nero e man mano ci mostra quello che essenzialmente va a sostituire il tema portante del precedente album; se “Blood” portava avanti un discorso generale legato al sangue come vita, parte integrante del nostro essere umani, il nuovo inciso svela invece un lato oscuro, perverso e malato costruito su alcune sperimentazioni musicali inedite. Con spiccata nonchalance, si viaggia per lidi a cavallo tra ritmi e groove provati dalle sperimentazioni elettroniche, molto vicini alle atmosfere del precedente album (“Sick Like Me”),  dove trova spazio anche il clima coinvolgente di un duetto con Brent Smith degli Shinedown (“Sexual Hallucination”) ma è sicuramente la fortuita apparizione del metal/rapping in “Sex Metal Barbie” a scoprire quel lato degli In This Moment che forse nessuno si aspettava, la prova musicale insomma, di un rapporto carnale non consenziente tra Jonathan Davis e la ben più blasonata rapper Minaj. La voce di Maria, subisce delle volte, un lavoro di distorsione in fase di produzione che, inevitabilmente, va a sporcare un sound che ancora una volta ricerca una similitudine industrial (“Dirty Pretty”) figlia illegittima del Reverendo Manson. E’ l'impudico lirismo della Brink però a mandare avanti l’album, tra richiami teatralmente macabri (“Bloody Creature Poster Girl”), molto vicini tra l’altro ai campionamenti vintage ripresi anche nell’ultima release dei nostri Lacuna Coil.

 

Dopo la nostalgica prova vocale e musicale di “The Fighter”, sullo spettro sonoro della band californiana tramonta quella parvenza aggressiva e sessuale che ha dato vita alle prime tracce dell’album e fa capolino una malinconia latente che tanto voleva mandar avanti brani più sfrontati con lo scopo, forse, di celare un intimismo personale troppo scomodo, un qualcosa che la stessa Brink sa di dover nascondere fino alla fine. Brani come “Out of Hell” o la bonus track “Rib Cage”, dimostrano che la band non ha bisogno di tutti questi marchingegni per stupire.  A dimostrazione della nostra teoria è propria la non traccia “Into The Darkness”, quasi la registrazione di una violenza verbale e fisica, dove Maria, priva dei suoi indumenti da “sex metal barbie, homicidal queen”, riesce a dimostrare che la musica proposta dalla sua band è oltre la sua figura, oltre l’impronta pop/commerciale che tanto viene marcata stretta da chi non hai mai capito che forse questa bella ragazza bionda ha anche qualcosa da dire.





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