Iron Mask
Diabolica

2016, AFM Records
Power Metal

Recensione di Riccardo Marchetti - Pubblicata in data: 16/11/16

Sono trascorsi tre anni dall' ultimo lavoro degli Iron Mask, band power metal fondata dal chitarrista belga Dushan Petrossi nel 2002. L'ultima fatica portava il titolo di "Fifth Son of Winterdoom", mentre quella che ci accingiamo a recensirvi è "Diabolica". La prima cosa che attira l'attenzione è un nuovo cambio nella line-up, infatti la band ha un nuovo vocalist, l'argentino Diego Valdez, ex "Skiltron" e "Triddana", band appartenenti alla scena folk-power locale. Cantante abile e preparato dunque, che nel corso dell'album ha saputo dimostrarsi senza dubbio all'altezza del compito affidatogli. La sua voce è infatti adatta al genere e la sua tecnica dimostra che la gavetta compiuta con le precedenti band è senza dubbio servita a prepararlo per il salto di qualità.

 

Passiamo ora a parlare in concreto del lavoro in questione: di certo, l'album è ben confezionato e suonato in maniera impeccabile, curato nei minimi particolari come da tradizione della band. Il disco rispetta tutti i canoni a cui il gruppo ci ha abituati e probabilmente piacerà molto ai fan di lunga data, ma purtroppo riporta anche i soliti difetti della compagine della maschera. L'album, infatti, in alcuni frangenti, risulta eccessivo, prolisso e troppo articolato: Dushan, ad esempio dimostra più volte di essere un ottimo chitarrista e un buon compositore, ma in alcuni passaggi si dimostra eccessivo ed alcuni assoli, se non canzoni intere, risultano essere troppo lunghi e ripetitivi. Il punto forte del lavoro è sicuramente la qualità della realizzazione e l'ossessione per i particolari, pregi che in alcuni passaggi divengono difetti. Alcuni pezzi, comunque, risultano ben riusciti e godibili come ad esempio i primi due: "I Don't Forget, I Don't Forgive" apertura energica e ben sostenuta e la più orchestrale "Doctor Faust" ottimo pezzo, molto evocativo e ben amalgamato . Questi, insieme alla title track e ad altre due canzoni, "Oliver Twist" e "The First and the Last", risultano i miglioribrani dell'album, ispirati e mai banali. Le altre tracce possono risultare in alcuni passaggi, come abbiamo già detto, di non facile assimilazione. Due esempi di queste problematiche sono la lunga "Ararat" e l'eterna "Cursed in the Devil's Mill".

 

Dunque a che tipo di lavoro siamo davanti? Probabilmente ad un'alternanza di ottimi pezzi con altri meno riusciti o appunto troppo "pasticciati", in una ricerca costante e barocca dell'eccessività. In sé il lavoro è ricercato, ma manca, in diversi passaggi, di originalità, restando ancorato ad un neoclassicismo chitarristico che può minarne la longevità e la pazienza dell'ascoltatore. Sufficiente, anche per la qualità dell'operato, ma senza dubbio in futuro occorre ricercare una ventata di aria fresca per non restare ancorati a dei chiodi fissi.





01. I Don't Forget, I Don't Forgive
02. Doctor Faust
03. Galileo
04. Oliver Twist
05. March 666
06. All For Metal
07. The Rebellion Of Lucifer
08. The First And The Last
09. Diabolica
10. Ararat
11. Flying Fortress
12. Cursed In The Devil's Mill

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