"You create your own box, you don't have to listen
To any of the label makers, printing your obituary."
Dopo quattro anni dal suo ultimo lavoro in studio e dopo tre dal ritiro temporaneo dalla scena live, non c'è dubbio alcuno che il ritorno di Jack White sia da considerarsi una delle notizie più interessanti ed entusiasmanti nell’ambito musicale di questo 2018. Non solo l'attesa, ma anche i vari accostamenti dell'artista americano con il mondo Hip Hop - nella fattispecie le collaborazioni con artisti come Beyoncé, Kanye West e Jay-Z - hanno contribuito ad accrescere un sentimento misto tra curiosità e sospetto tra fan e semplici appassionati. E in questo feeling generale, una parola di cui si è fatto largo abuso per definire il meteriale di "Boarding House Reach" che è stato via via rivelato nel corso delle ultime settimane è "strano".
Strano. Davvero? Sul serio si può definire strano qualcosa che è frutto del processo creativo di un musicista come questo? Probabilmente l'unica possibilità per un lavoro di Jack White di apparire veramente strano sarebbe assomigliare vagamente ad uno dei precedenti, o a qualcosa di già sentito in generale. Ma, scongiurata presto questa eventualità, l'aggettivo di riserva che mi sento di proporre è, ancora una volta, "sorprendente". Sì, perché se è immediato riconoscere una nuova metamorfosi nel sound e nell'universo delle ispirazioni dell'artista, la piacevole sorpresa è tutta nel come certe componenti fresche e moderne siano state inserite in maniera del tutto efficace e funzionale alla sua musica.
L'impronta dell'autore è comunque e inevitabilmente onnipresente nelle 13 tracce proposte e si palesa nelle sue forme più riconoscibili in elementi come il pianoforte, le tastiere, l'immancabile distorsore Big Muff e, non ultima, una capacità vocale che non mostra alcuna cautela nello spingersi alla sua massima estensione. L'avvio, in particolare, è in qualche modo più legato a orizzonti già esplorati, con una "Connected By Love" che appare quasi come una ballata tipica della discografia solista di Jack White ("Blunderbuss", specialmente), mentre le atmosfere blues rock a forti tinte psych di "Why Walk A Dog" ci riportano ai tempi leggermente meno recenti dei "The Racounteurs".
Quello che segue da qui in avanti è il vero valore aggiunto di questo album, una parte centrale che ci ricorda perché partire con determinate aspettative sia, in generale, un approccio sbagliato alla musica dell'artista di Detroit. "Corporation" è esattamente il motivo per cui alla voce "groove" di un dizionario particolarmente onesto mi aspetterei di trovare, come primo sinonimo, nome e cognome di Jack White: oltre cinque minuti e mezzo di immersione totale nelle folli e ritmate trame strumentali sulle quali l'autore ci invita ad intraprendere il suo viaggio: "who's with me?". Ecco quindi seguire, totalmente inconvenzionali, le sonorità di "Hypermisophoniac" e "Get In The Mind Shaft", nonché le influenze hip hop che, assieme alle numerose variazioni ritmiche, caratterizzano "Ice Station Zebra". White si serve di questo pezzo per spiegare letteralmente, attraverso il rap del suo testo (da cui è estratta la citazione in apertura), il motivo per cui la sua musica non debba sottostare a nessun tipo di regola o imposizione.
In questo contesto, i brani nascono come una perfetta combinazione di componenti innovative e avanguardistiche con altre più tradizionali nello stile del polistrumentista statunitense, come il riff di "Over And Over And Over", in cantiere fin dai tempi dei White Stripes, e l'assolo di chitarra in "Respect Commander", forte di una distorsione che è marchio di fabbrica di Jack White.
Cioè che è incredibilmente sorprendente all'interno di "Boarding House Reach" non è tanto la varietà delle strutture melodiche, né la ricerca nell'utilizzo di sonorità nuove e diverse, quanto invece la spontanea integrazione di questi elementi nel quadro generale. Il modo in cui le sperimentazioni e gli strumenti si collocano nel formare un risultato finale che è ancora perfettamente coerente e personale li fa sembrare come se da sempre fossero parte dell'ampio range di sfumature dello stile di Jack White, pronti per essere presi e sfruttati al momento opportuno. Alla luce del risultato, possiamo quindi tranquillamente smettere di preoccuparci delle contaminazioni da generi apparentemente remoti e di natura più commerciale che questo stile può subire. Quando l'intelligenza dell'artista sa fare tesoro di ogni diversità e trovare il posto giusto per ogni tassello, album come questo possono solo trarne beneficio.