Jorn
Traveller

2013, Frontiers Records
Hard Rock

Recensione di Alessio Sagheddu - Pubblicata in data: 01/07/13

Quando qualcuno svelerà le gesta dei nostri tempi, si leggerà e si scriverà di lui, la gente copierà la sua bionda chioma, lo chiameranno Jorn, Il Prolifico.

 

Eravamo fermi lì, esattamente a quel “Symphonic” che tanto voleva evitare di essere un semplice “best of”, riuscendoci tra l’altro. Senza girarci troppo attorno, la affermammo come una delle migliori uscite recenti della macchina senza freni chiamata Jorn Lande. Ed ora? Un altro tassello si aggiunge all’ingombrante discografia del singer norvegese, stiamo parlando del nuovo “Traveller”. Così, l’ormai famigliare corvo-direttore d’orchestra del già citato “Symphonic” diventa un pilota di elicotteri, rimarcando anche il titolo, come se la storia raccontata fosse quella di un vagabondo in volo.

 

Cosa avrà da raccontarci stavolta il buon Jorn? La formula di quest’album sembra essere la stessa dei precedenti: collaudata e strimpellata magistralmente da riff rocciosi, melodie bombastiche tendenti al classic/hard rock e, naturalmente, dalla voce di Jorn, che come sempre riesce a riempire il più insulso accordo di chitarra con dei virtuosismi da far invidia a cantanti ben più giovani. Ispirato come sempre dal buon Dio che vive lassù nei cieli (Ronnie James, ovviamente), il Nostro ci accompagna alla scoperta delle dieci canzoni che compongono l’album. Un ritorno all’heavy metal, insomma, dato che, seppur presenti, gli “abbellimenti” orchestrali non intaccano minimamente l’impronta dura e pesante alla base del lavoro.

 

“Overload” svela subito le carte in tavola con una partenza degna di un’opener, capitanata dal basso di Bernt Jansen e seguita a ruota dal batterista Willy Bendiksen e dai due chitarristi Trond Holter e Jimmy Iversen. Buoni e ben eseguiti i riff della titletrack e di “Cancer Demon”, totalmente surclassati, però, dall’epicità di “Make Your Engine Scream”. Ma abbiate pazienza, la casa infestata dai fantasmi da cui provengono gli spartiti di “Carry The Black” non possono che convincerci, facendoci gridare al miracolo. Dopo l’urlo incazzato di “Monsoon” un altro grande tributo al grande Ronnie James Dio con la canzone “The Man Who Was King” (che prende il posto di “Rock and Roll Children” su “Symphonic”), a sottolineare quanto il nostro Jorn ritenga il compianto singer parte della propria musica e di ogni suo album.

 

È tempo di tirare le somme per questo “Traveller” ed giusto precisare che nonostante questo sia un album ispirato e ben suonato non introduce niente di veramente nuovo o diverso rispetto alle precedenti uscite del cantante norvegese. La struttura delle canzoni, le melodie e i riff rispettano e, se vogliamo, mantengono intatto il sound che ad ogni uscita del signor Lande ci si aspetta di ascoltare. Per carità, Jorn è sempre una garanzia – vocalmente e non – ma forse l’uscita di album troppo ravvicinati tra loro tarpa le ali a qualche idea che magari avrebbe bisogno solamente di tempo per essere strutturata a pieno.





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