JoyCut
PiecesOfUsWereLeftOnTheGround

2013, PillowCase Records
Darkwave

Recensione di Riccardo Coppola - Pubblicata in data: 07/11/13

È un compito non certo facilissimo quello che è spettato agli emiliani JoyCut con la loro ultima uscita discografica: bissare il risultato di una piccola gemma come “Ghost Trees Where To Disappear”, e confermare in tal modo di meritare lo status di fiore all'occhiello dell’undergound del Bel Paese. Sempre circondati da un’aria misteriosa e anticonformista, e agghindatisi per le più recenti foto promozionali con maschere di polli e conigli, Pasquale Pezzillo e soci tornano a distanza di un paio d’anni dall’ultima comparsa, ripartendo da capisaldi ben consolidati: un sound orientato per umori e coloriture verso una wave squisitamente British (giochino: la parola “Joy” vi ricorda qualcuno?), una cupa e graficamente ardita cripticità per quanto riguarda i titoli dei pezzi e gli artwork, il lodevole impegno ambient-friendly di chiudersi a registrare in studi alimentati soltanto a energia solare, e di impacchettare i risultati utilizzando unicamente materiali di riciclo.

Pur mostrando un'evidente continuità con l'illustre predecessore, il recente "PiecesOfUsWereLeftOnTheGround" sembra comunque voler intessere, tra le oniriche e delicate sonorità già ampiamente esplorate (figlie di quanto insegnato dai Cure, o anche della strada tracciata dall'originario post-punk) indizi di cupo malessere, spessi fili di nerissima malinconia. Ne viene fuori un disco costruito sul contrasto, sulla contrapposizione netta tra beat elettronici abbagliantemente diafani, sparati a bpm di competenza quasi della trance, e pulsioni lente, dense, malvagie (si ascolti il modo in cui "Evil", con i suoi tribalismi e i suoi goticismi al piano, si mostra degna del titolo che porta), su inserti di chitarre che a volte sembrano sanguinare sofferenza (i pesanti accordi inchiodati sui plumbei industrialismi di “IndividualRoutine”), altre sembrano veleggiare verso lidi di rassicurante tranquillità (le arpeggiate morbidezze in chiusura alla lunghissima suite “DarkStar”). Un’opera in cui le linee vocali si diradano fin quasi a scomparire, e che raggiunge il minutaggio – diciamolo, esagerato - di sessantacinque minuti circa: quindici tracce, alcune delle quali oggettivamente splendide ed emozionanti (su tutte il sensazionale post-rock "PiecesOfUs", o la struggente piano-ballad “Funeral"), altre colme di buone intuizioni ma stiracchiate fino all'inverosimile (la molesta ripetitività di una "Dominio"), altre del tutto evitabili (l'opener "Wireless", o gli snervanti bisbigli robotici dell'inutile intermezzo "KidsKidsKids").

Come da titolo, "PiecesOfUsWereLeftOnTheGround" pare così un'istantanea scattata a un mucchio di frammenti gettati insieme alla rinfusa, più o meno ispirati, più o meno significativi, in definitiva mai perfettamente incastrati l'uno all'altro. Tasselli che, ridotti in numero e meglio organizzati, avrebbero potuto comporre un mosaico armonico, bilanciato, convincente dall'inizio alla fine. E purtroppo, nella confezione proposta dai Joycut, di bilanciamento si può parlare soltanto riferendosi alla quasi perfetta parità tra il numero di momenti memorabili, e di brani da dimenticare senza alcun rimpianto.




01. Wireless
02. Dominio
03. IndividualRoutine
04. Drive
05. DarkStar
06. Funeral
07. 1-D
08. ChildrenInLove
09. KidsKidsKids
10. Neverland
11. Evil
12. PiecesOfUs
13. Save
14. Berlin
15. NewPoets

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