E' il 2016 ed è come se gli Who giocassero ai Pink Floyd. Mentre sulla e della terra sappiamo tutto, sappiamo anche ciò che scopriremo a breve. La vita è un programma da rispettare e spesso non c'è spazio per l'improvvisazione, la speranza, un colpo di scena. E se ci fosse, sarebbe adeguatamente pianificato. Ma c'è ancora chi ha il coraggio di osare, il coraggio di guardare oltre alla realtà e di proiettarla attraverso uno dei concetti più cari alla letteratura, forse più attinente al vagare di un poeta che all'estro di un musicista: il viaggio.
Evasione o fantasia? Metafora o finzione? Quello di Jun - Alessandro Lucatello, autore padovano che con questo secondo LP ancor più complesso rispetto al precedente lavoro di Enoiniana ispirazione "Strategie Oblique" conferma uno stato creativo eccezionale - è un iter quasi leggendario: la missione di un cavaliere interstellare in un mondo di mondi, ricco di diversità, etnie e tranelli. Nella testa - o meglio nella Mente, come una delle lande di questa avventura - di Jun, però, è il 2021. Un'epoca lontana ma abbastanza vicina da potersi immaginare, in cui come tasselli poter inserire degli aspetti del nostro quotidiano. Dentro uno specchio che riflette l'essenza dei valori di un vivere distante ma recuperabile, il realismo dell'autore è simile a quello di qualcuno che ha abbandonato la speranza del recupero in questione. Piange, forse, nella copertina del disco, nell'inseguire un sogno, nel realizzarlo a favore di un sistema che non lo rappresenta né valorizza.
Eppure i momenti di forza - melodia nelle mani di Lucatello, che è voce, mix ed ogni strumento suonato - regalano spiragli di fiducia: nel solo di "Guardandoti, Guardandoci", pressurizzato, nell'intro di "Galassie", fino alla chiusura con lo svelarsi della missione finale, in cui si capisce che il viaggio di Jun è una camminata tra le stelle di ieri, di oggi, del 2012 ed oltre: egli ci mostra, guardandoci dall'oltre stesso, i lati più malvagi - sapientemente canzonati e a volte denigrati - del carattere umano, quelle catene di ignoranza verso la sensibilità che ci splende dentro. In Junphonia - l'allusione a Quadrophenia non è un miraggio - Jun è factotum della composizione e messaggero di concetti così alti che solo la musica può diffondere.