Khemmis
Desolation

2018, 20 Buck Spin/Nuclear Blast
Doom/Heavy

La riproposizione schietta e virile delle proprie radici musicali ambisce alla costruzione di una discografia robusta e inconfondibile
Recensione di Marco Migliorelli - Pubblicata in data: 29/06/18

In un'ipotetica partita con le proprie aspettative, il primo ascolto mescola le carte e nel darle si diverte a spiazzare. Tuttavia a volte accade che pur non sapendo dove si andrà a parare con la prima mano, si ha l'intuizione di avere a disposizione un'ottima passata di canzoni, appena sei in questo caso: poche? assolutamente no, non manca nulla nei quaranta minuti che vanno a comporre "Desolation", ultima fatica da studio dei Khemmis. Il terzo album della band di Denver, nato sotto l'occhio attento di Nuclear Blast, per 20 Buck Spin, sorprende per compattezza e immediatezza ma senza impoverire un significativo spettro di influenze musicali. "Desolation" è difatti tale solo nel titolo, offrendo passaggi che spaziano dal classic doom, con poche ma incisive e ispirate venature death -impreziosite dal solido growl di Ben Hutcherson-, fino a tuffarsi nel mare magnum dell'heavy puro, dove primeggia, cristallina, la voce dell'altro chitarrista, Phil Pendergast. Non mancano tinte epic che onorano e contestualizzano un'altra bellissima cover di Sam Turner: un lavoro che, col suo fascino ottantiano, non stenta a richiamare alla memoria alcune copertine della celebre saga di "Lone Wolf" firmata dal compianto Joe Dever.

 

Illustri i classici paragoni di rito, come CandlemassParadise LostIron Maiden... quel che conta però, specialmente per una band che è andata in tour con pilastri come Wolves in The Throne Room ed Enslaved, sono la personalità e l'ispirazione con le quali ogni venatura di genere, nel marmo del tempo, venga riletta e quindi riproposta. Nasce così "Bloodletting", un'entusiasmante opener con aperture alla Candlemass ed una parte centrale più sporca, dura e pesante in cui il growl approfondisce il brano e aggiunge nuove sfaccettature all'ascolto. L'apertura maideniana di "Isolation" definisce le coordinate di una band che ha il chiaro obiettivo di escludere dal proprio spettro compositivo le atmosfere emotivamente più estreme e pesanti del doom. Di piacevole ascolto l'ingannevole singolo "Isolation", che risalta per una costante che è la chiave vincente dell'album: l'affiatato lavoro di chitarra dei due vocalists, di certo più evidente altrove, con un buon groove in grado di fornire alle canzoni la dovuta profondità ed un riffing ispirato che dona freschezza alle composizioni più lunghe.

 

"Flesh To Nothing" ci ricorda che non di sola chitarra vive la musica: il brano apre col passo calcato dalla batteria di Zach Coleman che insieme al basso di Daniel Beiers, erige una robusta sezione ritmica e cresce nell'alternanza emotivamente forte di parti estreme e pulite quasi compresenti nel costituire uno degli spunti migliori di "Desolation". La chiusura in arpeggio della canzone introduce quindi all'epica in stop motion di "The Seer", col suo tiro ruvido e corposo di chitarre e le clean di Pendergast che schiantano la lontananza dei cieli contro la grevità del growl. "Maw of Time" sposta decisamente le coordinate su un più schietto doom death, i suoi sette minuti saturano l'aria sotto l'egida maestosa della sezione ritmica, almeno fino al chiaro giro di chitarra che annuncia "From Ruin", atto finale lungo e articolato: generosi inseguimenti di chitarra e batteria preparano di volta in volta il palco alle più lente e teatrali entrate vocali di Pendergast.

 

Forte di un missaggio sicuramente buono ma non esaltante per originalità, "Desolation" rinnova l'alchimia dei Khemmis: una pozione di brevità satura di passione dove la semplicità dei riffing e la relativa facilità nel comporli si offrono alla creazione di brani articolati e allo stesso tempo estremamente accessibili. La ricerca di una costante personale nel consolidamento del proprio sound, più che nella sua innovazione, li accosta per approccio ai The Flight of Sleipnir: in tutti e due i gruppi infatti la riproposizione schietta e virile delle proprie radici musicali ambisce alla costruzione di una discografia robusta e inconfondibile, senza voler cedere alle fascinazioni platinate del mainstream. Ci si chiede se si confermeranno, nel tempo, su questa via; nel mentre, con buona pace di quell'imperscrutabile incognita che ha nome Futuro e a maggior lustro di quei nomi che han scritto il Passato, non resta che godersi questa piccola terza gemma.





01.Bloodletting
02.Isolation
03.Flesh to Nothing
04.The Seer
05.Maw of Time
06.From Ruin

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