Killing Joke
Pylon

2015, Spinefarm Records
Industrial Metal

Recensione di Giovanni Maria Dettori - Pubblicata in data: 04/11/15

Dopo i risultati non brillantissimi di "MMXII", che aveva deluso la critica ed in parte anche i Fan, i Killing Joke tornano con una nuova fatica discografica per la loro prolificissima carriera. La Band si è sempre presentata come uno dei pochi casi di congiunzione tra due (o forse anche tre) mondi non lontanissimi, ma nemmeno così vicini, passeggiando tra Punk e Metal, virando per il Dark e andando a scolpire, chissà quanto volontariamente, le tavole per la nascita dell'Industrial. Un bel garbuglio di generi insomma. "Pylon" però taglia la testa a questo gigantesco Idra figuando, non solo guardandone dalla copertina, come un tripudio di Goth, cupo, caotico e danzereccio, lasciando quasi totalmente indietro tutto quello che è stato il Punk e i suoi derivati, optando per un lavoro crudo e sanguinolento. Ed è la stessa "Autonomous Zone", prima traccia dell'album, a mostrarcelo, con i Synth letteralmente inghiottiti dalla violenza del riff e il crescere della chitarra, in un inquietante crescendo di suoni sinistri, che trovano un seguito con la massiccia "Dawn of The Hive", indebolita da un ritornello decisamente nei canoni.

 

"New Cold War" si fa preferire per la sua vena ritmica "Tanz" (dance), come i Rammstein amano definire, che solo un brano Industrial ben studiato può creare, con la voce di Coleman che oscilla sì, stavolta dal Post-Punk di un malinconico lamento, al ruggito del ritornello, in una Climax che costituisce sicuramente una delle migliori parentesi dell'Album.

"Euphoria" è il primo vero tassello da inserire in quello che è il monolite New Wave, (giusto per riprendere la simbologia della copertina) con una struttura ritmica decisamente elettronica ma viva. Dura poco, perché "New Jerusalem", così come la Heavy "War On Freedom", tornano a far tremare la terra, grazie, oltre che ai Riff, all'energico lavoro della batteria, che squarcia letteralmente le tracce, donando una robustezza che fa passare in secondo piano l'eccessiva canonicità di alcuni passaggi. "Big Buzz" è invece un brano meno forsennato e melodico, che con un piglio alquanto radiofonico ci fa respirare prima dell'incendio finale della doppietta "I Am The Virus", in cui la voce di Coleman torna a farsi cupa, così come le atmosfere e di "Into The Unknown" che chiude il sipario con un rock funereo ma trascinante, sempre in linea con quanto sentito sino ad adesso. Anche troppo. Ma è la giusta conclusione per questo "Pylon".

 

Un album estremamente solido e corpulento (ben 8 tracce su 10 passano i 5 minuti), che esalta la vena più ruvida dei Killing Joke, e dopo 35 anni realizzare un lavoro così non è roba da poco. Nonostante una veemente ripetitività di alcune tracce, il disco è comunque da promuovere senza alcun dubbio, costituendo probabilmente il miglior prodotto dell'ultima produzione dei londinesi. Manca sicuramente il genio, la scintilla che fa saltare dalla sedia, considerato che, pur nella sua vivacità, l'album a tratti si rivela un po' statico almeno per quello che propone. Ma al quindicesimo disco ci sentiamo davvero di biasimarli? No. Perchè l'energia qui è pari a quella di un gruppo di ventenni. E "Pylon" è un proiettile ben carico di piombo.





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