Killswitch Engage
Incarnate

2016, Roadrunner Records
Metalcore

Recensione di Roberto Di Girolamo - Pubblicata in data: 27/03/16

Che il metalcore stia implodendo come una supernova è ormai cosa nota. Le formazioni che hanno contribuito alla popolarità del genere non godono di una salute poi così robusta e le nuove leve spesso non fanno che riproporre gli stessi stilemi ormai vetusti.


In questo quadro non certo roseo ritornano sul mercato gli alfieri Killswitch Engage con il loro ultimo "Incarnate". Sin dalle prime note dell'album (il secondo dal rientro del cantante originario Jesse Leach) si nota una pesante immobilità nello stile, cosa di per sé non troppo grave almeno ad inizio scaletta. Ma procedendo con l'ascolto quello che era sembrato solo un cattivo presagio prende forma in maniera sconcertante.

 

Tutto nel corso dei 43 minuti del disco (o dei 53 dell' edizione bonus qui recensita) è prevedibile: i segmenti di doppia cassa nei breakdown e nei ritornelli, le chitarre in drop, l'alternanza voce aggressiva nella strofa\voce pulita nel chorus e gli arpeggi distorti che dovrebbero aumentare la tensione ma che finiscono per assumere le sembianze da una confezione da 5 mg di Valium.

Certamente parliamo di soluzioni che questa band ha contribuito a creare e che oggi sono considerate cliché, ma questo non può essere una giustificazione per campare di rendita in eterno senza degnarsi di variarne almeno la forma. La miscela in questo preciso dosaggio continuerà probabilmente a intrigare molti adepti del metalcore, ma è davvero svilente ascoltare delle canzoni per la prima volta e sapere già come si svilupperanno e come si concluderanno.

 

I pezzi sono tutti ben strutturati - d'altronde difficile sbagliare quando si usa un template affinato in più di dieci anni - ma nessuno svetta in modo netto sugli altri. Pallide eccezioni sono forse rappresentate da "Alone I Stand" (il cui mood sembra però preso in prestito dal side project Times Of Grace di Jesse Leach e Adam Dutkiewicz) e da una "Until the Day" che mostra il tipico sound del combo mischiato a melodie e arpeggi che ricordano gli In Flames di "Clayman" e "Reroute To Remain".

"Incarnate" è un disco costruito interamente su un manierismo eccessivo e sulla produzione ancora una volta valida del chitarrista Adam. Ma anche in questo frangente il problema è una totale aderenza alla "traccia data": i suoni risultanti dal suo stile produttivo sono assolutamente anonimi, visto che sono stati cuciti addosso non solo al proprio gruppo ma anche a numerosi altre formazioni come As I Lay Dying, All That Remains e Unearth, appiattendo così anche il lato sonoro di materiale già afflitto da una derivazione stilistica assoluta.

Lo stato di salute esibito in questa prova getta un'ombra inquietante sul futuro del quintetto del Massachusetts, ormai palesemente incapace di distaccarsi dai propri dogmi. Mettersi in discussione non è mai facile, soprattutto con gli interessi economici di una major dietro a una band ormai affermata, ma di questo passo i Killswitch Engage finiranno per ripetersi all'infinito. Se quello è l'obiettivo, allora non rimane che proseguire su questa via.





Intervista
Anette Olzon: Anette Olzon

Speciale
L'angolo oscuro #31

Speciale
Il "Black Album" 30 anni dopo

Speciale
Blood Sugar Sex Magik: il diario della perdizione

Speciale
1991: la rivoluzione del grunge

Speciale
VOLA - Live From The Pool