Kingdom Come
Outlier

2013, SPV
Hard Rock

Recensione di Chiara Frizza - Pubblicata in data: 23/04/13

Tra le nuove uscite programmate entro breve c’è anche il nuovo full-length di Lenny Wolf e soci, la cui uscita è prevista per la prossima settimana (venerdì 26 Aprile l’uscita per il mercato tedesco, lunedì 29 per quello europeo, nello specifico, mentre gli USA e il Canada dovranno attendere fino al 7 Maggio) per la SPV/Steamhammer Records. Non è passato moltissimo tempo dall’ultima release della band, ma dal momento che “Rendered Waters”, uscito nel 2011, si trattava soprattutto di re-incisioni di materiale già pubblicato in passato, un nuovo album nel vero senso del termine si faceva attendere dal 2009, che aveva visto la pubblicazione del complesso “Magnified”. E i toni non si sono certo smorzati con “Outlier”, complesso quanto il suo predecessore  sia dal punto di vista musicale che da quello concettuale.

Questo nuovo lavoro infatti si avvicina al concept album pur senza dichiaratamente esserlo a tutti gli effetti; testi e musica procedono mano nella mano e guidano l’ascoltatore attraverso i brani che compongono l’album, spesso assai diversi tra di loro ma non completamente a sé stanti. Brani che sembrano avere poco senso se presi singolarmente ma che invece hanno il loro posto ben preciso nell’insieme, insomma. A partire dall’opener “God Does Not Sing Our Song”, una malinconica e disperata critica della società attuale e dell’agire sconsiderato di molti, spesso nel nome di Dio, che come lo stesso Wolf ha commentato “starà anche a guardare, ma di certo non canta insieme a noi”, condividendo crimini e altre azioni assai discutibili. C’è molto delle opinioni personali di Wolf nei testi di questo album, così come della sua continua voglia di evoluzione e sperimentazione: elementi che si riflettono nelle tracce che compongono il full-length, dai synth che fanno capolino in “Running High Distortion” uniti ai riff monotoni e ripetitivi e al ritmo alienante della batteria, all’elettronica di “Rough Ride Rallye”, nella quale ci si chiede dove ci porterà questa corsa spericolata, fino al sound grave e carico di “Holy Curtain”. L’hard rock delle origini torna in “Let The Silence Talk” e in “The Trap Is Alive”, assumendo tinte seventies in “Skip The Cover And Feel”, prima di declinare in atmosfere del tutto differenti nell’autobiografica “Don’t Want You to Wait”.C’è ancora tempo per i riff intensi in “Such A Shame”, nella quale si critica il consumismo smodato e compulsivo. Ritorna la sperimentazione nella conclusiva e malinconica “When Colours Break The Grey”, di nuovo si incontra l’elettronica che qui assume un tono cupo rispetto ai primi brani dell’album, a completare con atmosfere del tutto opposte quanto era stato introdotto nelle battute iniziali.

I Kingdom Come hanno fatto un passo in avanti, forse due, forse un salto vero e proprio; non si tratta di un lavoro immediato, anzi richiede diversi ascolti per comprendere e metabolizzare quello che Wolf ha cercato di creare e raggiungere con questo album, impossibile da catalogare nell’insieme date le particolarità che caratterizzano ogni brano. “Outlier”, in inglese, è un termine che viene spesso usato in statistica per indicare un campione non conforme ai dati di un indagine perché ben diverso dai risultati attesi; più ampiamente, indica qualcosa (o una persona) ben distinta dalla massa per caratteristiche, personalità, credenze e via dicendo. In poche parole, un titolo più che appropriato.



01. God Does Not Sing Our Song
02. Running High Distortion
03. Rough Ride Ralleye
04. Let The Silence Talk
05. Holy Curtain
06. The Trap Is Alive
07. Skip The Cover And Feel
08. Don`t Want You To Wait
09. Such A Shame
10. When Colors Break The Grey

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